lo richiede di ajuto. A mezzanotte il mago lo conduce nel circo ch’era presso alla città, e gli dà il solito avvertimento: “Checchè tu oda o veda, non temere, e non ti fare a patto alcuno il segno della croce.„ Ecco una grandissima caterva di demonii, vestiti di clamidi bianche, con molta luminaria, e in mezzo ad essi il principe in trono. Teofilo bacia i piedi del principe, e stende un breve, in cui dichiara di rinnegar Cristo e la madre sua, e al quale appone il proprio suggello. Tosto se ne vede l’effetto. Il vescovo revoca il precedente decreto, ripone Teofilo nell’antico suo officio, e lo colma di onori. Ma non passa gran tempo, e Teofilo, considerando l’enormità del suo fallo, si sente lacerar dai rimorsi. Disperando di ogni altro soccorso, egli ricorre all’avvocata dei peccatori, alla benignissima Vergine, si macera coi digiuni, si strugge in lacrime, passa in ferventissima preghiera quaranta giorni e quaranta notti, implorando perdono e misericordia. La quarantesima notte gli appare la Vergine corucciata, e gli rimprovera aspramente il commesso peccato, non senza versargli tuttavia sul cuore esulce-