l’ilarità, uscirono i commensali in un prato, desiderosi di alleggerire danzando e sbalestrando, o in altri giuochi esercitando il corpo, gli stomachi aggravati dal cibo. Lo sposo, re del convito, e maestro del giuoco, chiese una palla, e trattosi l’anello nuziale, questo pose in dito a una statua di bronzo ch’era ivi presso. Ma poichè tutti i compagni, giocando, in lui solo inveivano, egli, affannato ed acceso, si ritrasse primo dal campo, e volendo riavere il suo anello, trovò piegato sulla palma della mano il dito della statua, che prima si vedeva disteso. Avendo quivi penato un pezzo, senza potere nè strappare l’anello, nè frangere il dito, taciuta la cosa ai compagni, affinchè, lui presente, nol deridessero, o, assente, non involassero l’anello, in silenzio se ne partì. Tornatovi poi con alcuni familiari a notte scura, ebbe a stupire vedendo raddrizzato il dito e sparito l’anello. Tuttavia, dissimulato il danno, si lasciò dalle carezze della sposa rasserenare, e giunta l’ora di coricarsi si adagiò accanto a lei. Ma, come appena si fu adagiato, sentì alcun che di nebuloso e denso voltolarsi fra sè e lei, la qual cosa si poteva sentire, ma