erano cinti di perpetuo assedio, e per quanto quei di dentro s’ingegnassero di far buona guardia, non era possibile sempre vietar l’ingresso a quegli avversarii così leggieri e spediti. Dov’erano frati e monache era sempre una gran ressa e un grande rimescolamento di diavoli d’ogni generazione. San Macario d’Alessandria, vissuto nel quarto secolo, vide una volta nella sua propria città una moltitudine di piccoli diavoli, simili a fanciulli neri, aggirarsi affaccendati tra i monaci, e tentarli in varii modi. Alcuni accarezzavano ai servi di Dio le palpebre per farli dormire; altri cacciavano loro in bocca le dita per farli sbadigliare. Pietro il Venerabile narra le tribolazioni d’ogni maniera che i diavoli davano ai santi abitatori dell’abbazia di Cluny. Cesario racconta di un abate Ermanno, il quale vedeva i diavoli balzar fuori dalle pareti, gironzar pel convento, mescolarsi coi monaci, correre a guisa di picciolissimi nani su e giù per il coro, schizzando faville, o trarre in volta gran corpi tenebrosi, con volti affocati, come di un ferro rovente. Turbato da tali visioni, chiese per grazia a Dio d’esserne liberato,