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alla finestra d’una scuola per udir le lezioni senza spesa? Da cosa nasce cosa. Rimettiamoci nel Signore.



Paolino prese la zappa e se ne andò pei campi, co’ suoi fratelli a lavorare nella vigna. Ma non ci voleva un osservatore molto sottile per capire subito quanto quella fatica riuscisse grave al povero ragazzo. Nondimeno, zappava e s’ingegnava a potare e ad innestare con una faccina sorridente che rubava i baci. Quella serenità, lasciatemelo dire, dolorosa, colpì tutti, e i suoi fratelli che sulle prime non avevano potuto fare a meno di provare un po’ di gelosia per il bel signorino che sapeva leggere in qualunque libro, furono così commossi da quella rassegnazione, che, quando il babbo non li vedeva, levavano la zappa di mano a Paolino e facevano loro il lavoro destinato a lui. Il giovinetto cedeva ringraziando, si sdraiava sopra una piccola altura erbosa dalla quale si dominava tutta la vallata e passava le ore più calde del giorno a guardare e a fantasticare.

La sera, quando tutti erano riuniti intorno alla grande tavola d’abete, egli se ne stava con la testa appoggiata sulle mani, tutto intento ad ascoltar le novelle, raccontate da qualche vecchierella. La volùta, specialmente, era quella che lo colpiva, la volùta, con quel suo splendido tesoro sulla fronte, era fatta apposta per sedurre la fantasia d’un giovinetto di tredici anni. Perfin la notte, nei suoi sogni, Paolino vedeva risplender nel buio il fatato diamante, che egli poi andava a cercare, nei crepuscoli mattutini, lungo la riva del fiume. A furia di custodirlo, questo sogno nella sua immaginazione, prese la consistenza di un pensiero fisso, imperioso; e il fanciullo finì col persuadere sè stesso che un giorno avrebbe potuto possedere la bellissima gemma.