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A poca distanza da Milano, incontrò un contadino che lo aiutò a cambiare il suo bell’abito elegante in una giacchetta e in un paio di calzoni di rigatino.
Quando giunse in vetta alla collina da cui s’era voltato per dire addio al suo villaggio, sonava mezzogiorno a tutte le chiesòle dei dintorni. Era di maggio.
Da’ prati, dalle siepi, dal fitto dei boschi saliva il profumo di mille fiori; gli uccelli trillavano allegramente tra le fronde tenerelle degli alberi le acque limpide del fiume scorrevano fra due siepi di papaveri fiammanti e di bianche margherite; e su, in alto, fra una corona di cipressi, rosseggiava il campanile della chiesa ove Paolo era stato battezzato: dove il suo primo maestro, buon pievano, gli aveva insegnato ad essere buono e caritatevole.
Ed il paesaggio si animava.
Qua e là, tra i cespugli, apparivano e scomparivano contadine che portavano il mangiare ai loro uomini, bambinucci scalzi col visino imbrattato di sugo di ciliegie, garzoni scamiciati, coi cappelloni di paglia calati sugli occhi...
— Mio Dio! mio Dio! — gridò Paolo giungendo le mani e guardando a traverso le lacrime il quadro stupendo che gli si stendeva sotto gli occhi. — E dire che io, volontariamente, aveva rinunziato a questo paradiso! Mio Dio! Mi perdonerete voi mai?
Si inoltrò vacillando verso la vigna in cui aveva lavorato con i suoi fratelli e giunto ad una specie di poggiarello, celato da una fitta siepe di mortella, potè scorgere tutta la sua famiglia sdraiata a terra, intenta a fare onore al pasto frugale del mezzogiorno.
Al babbo erano imbiancati tutti i capelli e la mamma — povera vecchia — mangiava stentatamente in silenzio. A quella vista, non seppe più contenersi e cac-