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— Che cosa mi dici? ne sei proprio sicuro?

— Te lo posso affermare, poichè questo bel mobile si è spacciato per un gran signore ed ha buttato, si può dire, i danari dalla finestra. A me queste cose le ha raccontate il viscontino Basani che era l’amico più intimo del marchese Del Bosco.

Il viscontino Basani era infatti il giovane per il quale Paolo aveva sentito maggior tenerezza.

Ognuno si figuri come il povero figliolo rimanesse a questa dolorosa scoperta. Esser traditi da chi amiamo è spasimo che non si descrive. Si gettò bocconi sul letto prorompendo in singhiozzi disperati.



Chiamato davanti ad uno dei funzionari di polizia il giorno stesso in cui aveva fatto quella dolorosa scoperta, Paolino Del Bosco riprese, per un effetto di reazione, la sua primitiva ingenuità e raccontò semplicemente, francamente, tutto quanto gli era avvenuto dal giorno in cui aveva trovato il diamante della volùta, fino a quello nel quale era stato sì ignominiosamente trascinato in fondo ad una prigione.

Ma il magistrato che lo interrogava giudicò la storia del serpente come una sfacciata menzogna e dette ordine affinchè l’infelice giovinetto fosse trattato con maggior severità. In quei tempi, e specialmente a Milano, si cominciava a non dar più tanta fede alle fiabe popolari. Quel magistrato, d’altra parte, era troppo avvezzo alle false proteste d’innocenza di tanti sciagurati per prendere sul serio quelle di Paolo.

Frattanto si venne a sapere che il gioielliere, rinchiuso come Paolo in una prigione angusta, aveva potuto svignarsela senza che l’accortezza dei carcerieri