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basata sulla conversazione. In concreto conversazione significa: (a) rispondere a domande e critiche con tempestività; (b) essere presenti nei dibattiti; (c) concepire l’ambiente di discussione come ambiente tra pari.
I social media si differenziano dalla comunicazione di massa uno a molti per l’eterogeneità dei messaggi: è quindi necessario per l’azienda stimolare ed entrare in
una narrazione in cui tutti contribuiscono a fare avanzare la storia. Si tratta di uno storytelling partecipativo, che non può essere pianificato a priori: si possono definire gli aspetti di base, ma è poi necessaria una revisione continua delle strategie comunicative in base ai comportamenti emergenti delle persone. La forza della narrazione è la complicità tra interlocutori, che si basa su un patto di fiducia e interesse reciproco. Secondo DeBaggis, in una narrazione condivisa ci deve essere un social object, un
nucleo di interesse comune tra gli interlocutori, che agisca da attivatore di conversazioni e relazioni. È necessario poi, a partire dal social object, trovare e negoziare un concept narrativo che racconti, con un linguaggio condiviso, ciò che le persone vogliono sapere
ed esprimere dell’oggetto sociale.
A partire dalla narrazione condivisa è possibile sviluppare una community.
È doveroso sottolineare come le community nascano sempre dal basso, anche quando a proporle è un’azienda. Le community, infatti, essendo basate su una condivisione di
valori e interessi, devono esistere almeno in potenza.
Le community on-line sono comunità immaginate, comunità che permettono a individui con interessi affini di percepire se stessi come parte di un gruppo. Tale concetto è stato delineato per la prima volta nel 1991 da Benedict Anderson (che lo aveva applicato al
concetto di nazione): "an imagined community is different from an actual community because it is not (and cannot be) based on everyday face to face interaction between its members. Instead, members hold in their minds a mental image of their affinity"1.
Jedlowski (2005) descrive le comunità immaginate come comunità non basate su rapporti faccia a faccia e spesso temporanee o reversibili, dotate di effetti reali sulla coscienza e sui modi in cui i soggetti si comportano.
Come sostiene DeBaggis, è necessario al fine di una strategia aziendale sui social media, partire dall’analisi della realtà circostante ed individuare una community latente,