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A un certo livello di complessità, è necessario che esista qualcuno che stabilisca la base
delle regole del gioco e che risponda alle domande e ai dubbi che possono sorgere
all’interno della comunità di pratica.
Shirky, a questo riguardo, specifica che più i gruppi sono densi, e gli individui che lo
compongono devono interagire tra loro, maggiori devono essere le norme che regolano
tali rapporti: i patti per la condivisione sono abbastanza semplici mentre quelli per
collaborazione e azione collettiva sono necessariamente più complessi.
La soglia minima del controllo dall’alto è emergente dal contesto e deve essere
negoziata, ma deve esistere. Anche Wikipedia, per esempio, ha una lista di regole
minime di collaborazione, la wikiquette[1].
“Nessuno sforzo nel creare valore di gruppo può avere successo senza qualche forma di
governo” (Shirky, 2008, 211). I limiti possono anche essere minimi, ma devono esserci.
Spesso inoltre, quando si parla di collaborazione di massa, vengono portati esempi
riconducili a ciò che Garnett Hardin definisce la tragedia dei commons (Shirky, 2008,
41): in assenza di limiti e controlli sanzionatori, le persone sono incentivate a
danneggiare il bene comune. La spinta all’individualismo creerebbe difficoltà a
rimanere entro i limiti sociali. Perché ciò non avvenga è necessario che all’interno del
gruppo ci sia una “mutua coercizione di mutuo accordo”, che esista cioè un’idea
condivisa che impedisca agli individui di agire esclusivamente a vantaggio personale
più che nell’interesse di gruppo. Tale mutuo accordo, come si è detto, è la base di
qualsiasi comunità di pratica.
Infine, nonostante, una volta formati, i gruppi tendano ad essere “omeostatici” (Shirky,
2008, 211), resistenti alle minacce esterne, qualsiasi progetto avrà qualcuno che ne
desidera il fallimento e solo le organizzazioni che hanno difese possono resistere.
Shirky sottolinea nuovamente che un minimo di controllo dall’alto è necessario, almeno
come auto-tutela del progetto.
Ma come si organizza una pratica di collaborazione collettiva? “Ogni progetto si basa
sulla combinazione riuscita di una promessa che si può mantenere, uno strumento
efficiente e un patto accettabile con gli utenti” (Shirky, 2008, 195). La promessa è il
perché, lo strumento è il come, il patto stabilisce le regole di collaborazione.