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FEDERICO NIETZSCHE

devoli. Quei sentimenti dipendono dagli esseri che sono nostri nemici (i cattivi spiriti: è il caso più celebre, le isteriche che si prendono per delle streghe). Essi dipendono dall’idea di punizione, di riscatto per qualche cosa che noi non avremmo dovuto fare, che noi non avremmo dovuto essere (idea generalizzata da Schopenhauer, sotto una forma impudente, in una proposizione in cui la morale apparisce tal quale è, come vera avvelenatrice e calunniatrice della vita: «Ogni grande dolore, sia esso fisico o morale, enuncia ciò che ci meritiamo: giacché esso non potrebbe impadronirsi di noi se non lo meritassimo». Mondo come volontà e come rappresentazione, II, 666). Essi dipendono infine da azioni irriflessive che hanno delle disgraziate conseguenze (le passioni, i sensi considerati come cause, come colpevoli; le calamità fisiologiche convertite in punizioni «meritate» con l’aiuto di altre calamità). — «Spiegazione» dei sentimenti generali gradevoli. — Essi dipendono dalla fiducia in Dio. Dipendono dal sentimento delle buone azioni (ciò che si chiama la «coscienza tranquilla», uno stato fisiologico che somiglia, qualche volta fino a sbagliarlo, ad una buona digestione). Essi dipendono dal felice esito di certe imprese (— falsa conclusione ingenua, giacché l’esito felice di una impresa non procura affatto dei sentimenti generali gradevoli ad un ipocondriaco o ad un Pascal). Dipendono essi dalla fede, dalla speranza e dalla carità (le virtù cristiane). In realtà tutte queste pretese spiegazioni sono le conseguenze di stati di piacere o di dispiacere, trascritti in qualche modo in un linguaggio errato: si è in istato di sperare poiché

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