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FEDERICO NIETZSCHE

odierno è la sua mediocre vitalità. Il suo «Sè stesso» è malato, sofferente, inquieto; e la sua «piccola ragione» s’interpreta da se stessa questo stato di sofferenza con ogni specie di religione o di sistema filosofico pessimista: essa crede al cristianesimo, all’umanitarismo, alla religione della scienza; essa proclama che questa vita è cattiva, che questa terra è una valle di lacrime e si estrania dall’esistenza terrestre per aspirare all’Al dilà; essa ammette che esiste al disopra di «sè» qualcosa di superiore, di assoluto — Dio, l’Ideale, il Bene, la Verità — ed iscrive questo assoluto in testa alla sua «tavola dei valori». Ma questo stato di sofferenza della «Personalità» deve essere combattuto e vinto: occorre che l’uomo ritorni alla salute, che la pianta umana metta dei rampolli più vigorosi e più altieri. E questo ritorno alla salute si tradurrà nella sua «piccola ragione» con ciò che Nietzsche chiama una «trasmutazione di tutti i valori» (Umwertung aller Werte): dalla sua tavola dei valori egli casserà i valori che oggi vi sono scritti in testa, Dio, l’Ideale, il Bene, la Verità; saprà che è l’uomo stesso che dà un senso alla sua vita e che la vita non ha altro senso che quello che l’uomo le dà; egli sarà un «Creatore di valori», una causa prima, un audace esperimentatore che gioca con il Caso una sublime partita la cui posta è la vita o la morte, che cerca di realizzare quaggiù qualche ammirabile «successo», coscientemente, gioiosamente arrischiando la sua felicità e la sua vita per raggiungere questo scopo. E nello stesso tempo, invece di cercar di evadere dalla terra, ridiventerà risolutamente ottimista; non

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