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FEDERICO NIETZSCHE |
cino a Genova od a Nizza, le sue estate nell’alta Engadina ove si affeziona al piccolo villaggio di Sils-Maria. Grazie a queste precauzioni, egli può condurre una precaria esistenza, solitario ed errante, ma almeno quasi sopportabile. E quegli anni di tregua conquistati a forza di energia nella malattia, li consacra con ardore ed entusiasmo sempre crescenti, alla sua missione di pensatore e di artista.
Così nella vita di Nietzsche vediamo succedersi ad un periodo di equilibrio e di gioiosa affermazione un periodo di crisi insieme fisica ed intellettuale, di cui Nietzsche s’è dato a sè stesso una curiosa e originale interpretazione. Infatti per lui la crisi intellettuale è in istrette relazioni con la crisi fisica, o piuttosto l’una e l’altra sono l’espressione di un solo e medesimo fatto.
Osserviamo, dice Nietzsche, come si comportano i diversi organismi quando sono minacciati di dissoluzione dalla malattia o dalla sofferenza. Gli uni sono fisiologicamente degenerati, ed in essi la malattia soventemente non è che il segno esteriore di uno stato morbido latente; ora tali organismi non lottano affatto contro la malattia: il degenerato non ha l’istinto di ciò ch’egli deve fare o evitare per ritornare in salute; al contrario il suo istinto lo porta verso un regime che aggrava il suo stato, come si può osservare nei diabetici, nei gottosi, nei nevrotici. E così, grazie a questa perversione dell’istinto, egli s’incammina rapidamente e sicuramente verso la morte. Sugli organismi sani e vigorosi, al contrario, la malattia può agire come uno stimolante; essa sovreccita le funzioni della vita; gli elementi morbidi, i veleni introdotti fortuita-
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