Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
FEDERICO NIETZSCHE |
minciava ad apparirgli come una specie di superiore dovere verso sè stesso.
La malattia s’incaricò di liberarlo. La sua salute era stata fortemente scossa dalla grave malattia contratta nelle ambulanze nel 1870, e d’allora era andata lentamente declinando. Delle emicranie accompagnate da nausee, dei mali di stomaco e dei mali d’occhi si erano dichiarati e ritornavano ad intervalli sempre più vicini e con crescente violenza. Nel 1876, in seguito a crisi particolarmente gravi, egli dovette domandare un congedo di un anno che passò in parte in Italia ed in parte in Isvizzera, senza poter ritrovare la salute. Nondimeno si provò a riprendere il suo impiego di professore, ma i suoi accessi non tardarono a ritornare con una tale intensità ch’egli dovè domandare di ritirarsi nella primavera del 1879. A quest’epoca il suo stato sembrava disperato: dal gennaio 1879 al gennaio 1880 egli contò centodiciotto giorni di accessi violenti; da un momento all’altro egli attende, scrive, «la congestione cerebrale che lo libererà dalle sue sofferenze».
Passa così tre anni tra la vita e la morte, lottando senza un istante di debolezza contro il male che lo rodeva, risoluto a guarire per poter condurre a buon fine l’opera della sua vita. Ed infatti finì per trionfare del suo male. Verso il 1882 il suo stato di salute migliorava assai, senza mai ritornare completamente buono. Libero da ogni obbligo professionale, egli può organizzare la sua vita a suo piacere. Obbligato a frequenti cambiamenti di clima per evitare il ritorno del suo male, passa i suoi inverni nel Mezzogiorno, vi-
20 — |