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IL CREPUSCOLO DEGLI IDOLI

seria di stile romano, di «aere perennius» nello stile. Non è avvenuto diversamente al mio primo contatto con Orazio. Fino ad ora nessun poeta mi ha procurato un rapimento artistico uguale a quello che ho subito provato alla lettura di un’ode di Orazio. In certe lingue non è neanche possibile di volere ciò che è qui realizzato. Questo mosaico di parole, dove ognuna per il suo timbro, per il suo posto nella frase, l’idea che esprime, fa raggiare la sua forza a destra, a sinistra e sull’insieme, questo minimo nella somma, e il numero dei segni e questo massimo che si raggiunge così nell’energia dei segni — tutto ciò è romano, e, se si vuole credermi, nobile per eccellenza. Tutto il resto della poesia diventa, a lato di questo, qualche cosa di popolare, — un semplice chiacchiericcio di sentimenti...


2.

Ai Greci io non devo assolutamente impressioni di una simile forza; e, a dirla francamente, essi per noi non possono essere ciò che sono i Romani. Non s’impara dai Greci — il loro genere è troppo strano, ed anche troppo mobile per fare un effetto imperativo, «classico». Chi avrebbe mai imparato a scrivere con un Greco!... E chi avrebbe saputo impararlo senza i Romani! Non si pretenda di obbiettarmi Platone. Per ciò che riguarda Platone io sono profondamente scettico e non fui mai in condizione di far coro nell’ammirazione per l’artista Platone che è tradizionale tra i sa-


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