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IL CREPUSCOLO DEGLI IDOLI



44.

La mia idea del genio. — I grandi uomini sono come le grandi epoche, delle materie esplosive, delle enormi accumulazioni di forze: storicamente e fisiologicamente, la loro prima condizione è sempre la lunga attesa della loro venuta, una preparazione, un ripiegamento su se stessi — cioè che durante molto tempo non deve essersi prodotta nessuna esplosione. Allorchè la tensione nella massa è diventata troppo grande, la più fortuita irritazione basta per fare appello nel mondo al «genio», all’«azione», al grande destino. Cosa importa allora l’ambiente, l’epoca, «lo spirito del secolo», «l’opinione pubblica!». Si prenda il caso di Napoleone. La Francia della Rivoluzione e ancor più la Francia che ha preparato la Rivoluzione doveva, per se stessa, generare il tipo più opposto a quello di Napoleone, e l’ha infatti generato. E poichè Napoleone era differente, erede di una civiltà più forte, più costante, più antica di quella che in Francia se ne andava in fumo ed in briciole, egli fu il padrone, fu solo ad esservi padrone. I grandi uomini sono necessari, il tempo in cui appaiono è fortuito; se quasi sempre essi ne diventano padroni, questo proviene da ciò che essi sono più forti, più vecchi, da ciò che essi rappresentano una più lunga accumulazione di elementi. Tra un genio ed il suo tempo esiste il rapporto dal forte al debole, dal vecchio al giovane. Il tempo è sempre relativamente più giovane, più leggero, meno emancipato, più ondeggiante, più infanti-


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