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FEDERICO NIETZSCHE

so; essa s’immagina erroneamente che la Scienza è capace di fornire all’uomo i moventi di azione di cui ha bisogno per vivere; e questa errata credenza ha avuto per effetto di diffondere in Europa, e particolarmente in Germania, una odiosa pseudo-civiltà di cui il «filisteo di cultura» (Bildungsphilister), il borghese soddisfatto, ottimista, fiducioso nella Scienza per fondare un ordine di cose che assicuri all’umanità una somma sempre maggiore di benessere, è il ridicolo e disprezzabile rappresentante. Ma un attento osservatore può discernere certi segni precursori di una profonda trasformazione.

Riccardo Wagner, nel suo dramma lirico fondato sulla sintesi della poesia e della musica, fa rivivere in Germania la tragedia della Grecia antica. Schopenhauer col suo spietato, sincero e chiaroveggente pessimismo, ha rovinato per sempre l’ottimismo scientifico e ci ha insegnato a guardare in faccia la realtà. È nella via che ci hanno indicato questi due grandi iniziatori che bisogna continuare. L’uomo superiore dovrà essere un «pessimista intellettuale»; non si abbandonerà ad alcuna consolante illusione; saprà che la natura è una temibile potenza, sovente cattiva, che la Storia è «brutale e vuota di senso», che l’uomo è fatalmente condannato alla sofferenza. Ma il suo pessimismo, invece d’inclinarlo alla rassegnazione, al desiderio della morte, dovrà incitarlo all’eroismo. — L’uomo considererà dunque come buono non già ciò che diminuisce la somma di sofferenze sulla terra, ma ciò che rende la vita più intensa, più bella, più degna di esser vissuta; egli si darà per missione non di sol-

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