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FEDERICO NIETZSCHE

ponendo questa domanda: «Siamo noi veramente diventati più morali?». Che tutti lo credano, è già una prova del contrario... Noialtri uomini moderni, molto delicati, molto suscettibili, obbedienti a cento diverse considerazioni, noi infatti ci figuriamo che questi teneri sentimenti di umanità che rappresentiamo, questa unanimità acquisita nell’indulgenza, nella disposizione a soccorrere, nella fiducia reciproca è un reale progresso e che noi siamo per ciò ben al disopra degli uomini della Rinascenza. Ma ogni epoca pensa così, bisogna che pensi così. È certo che noi non oseremmo porci nelle condizioni della Rinascenza, che non oseremmo neanche immaginarvici: i nostri nervi non sopporterebbero una simile realtà, per non parlare dei nostri muscoli. Questa impotenza non prova affatto il progresso, ma una costituzione più tardiva, più debole, più delicata e più suscettibile da dove necessariamente esce una morale piena di riguardi. Scartiamo col pensiero la nostra delicatezza e la nostra tardività, la nostra senilità fisiologica, e la nostra morale di «umanizzazione» perde subito il suo valore — nessuna morale ha in sè del valore: — in modo che essa ci ispirerebbe a noi stessi del disdegno. Non dubitiamo d’altra parte che noialtri moderni, col nostro umanitarismo ben ovattato che temerebbe anche di urtarsi ad una pietra, noi offriremmo ai contemporanei di Cesare Borgia una commedia che li farebbe morire dalle risa. Infatti, con le nostre «virtù» moderne, noi siamo ridicoli oltre misura... La diminuzione degli istinti ostili e che tengono la diffidenza all’erta — e sarebbe questo il nostro «progresso» — non rappresenta

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