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FEDERICO NIETZSCHE


Combinate tra di loro queste due illusioni ed avrete la «saggezza tragica» alla quale si sono elevati un tempo i Greci e di cui la loro tragedia è l’imperituro monumento. Dapprincipio, all’epoca omerica, essi sono sfuggiti al pessimismo creando, in virtù dell’illusione Apollinea, la brillante visione degli Dei dell’Olimpo i quali li consolavano delle tristezze della loro reale condizione. D’altra parte essi han conosciuto la ebbrezza Dionisiaca e i loro cori di satiri (da cui più tardi uscì la tragedia) hanno cantato l’estasi dell’uomo che si sente in comunione con l’intera natura. La loro tragedia è una manifestazione dell’ebbrezza dionisiaca, la quale in luogo di restare allo stato di vaga estasi e di manifestarsi unicamente con la musica, cioè con il linguaggio del sentimento puro, si precisa in una visione apollinea che serve di simbolo particolare e visibile allo stato d’animo che vuol suscitare il poeta tragico. Dionisiaca e «musicale» per il suo principio, la tragedia greca è «apollinea» per la sua forma, poichè essa mette in iscena i miti plastici degli Dei e degli eroi a cui essa dà una nuova vita impregnandoli di emozione musicale, di saggezza dionisiaca.

Quella «saggezza tragica» alla quale i Greci si sono elevati durante il periodo più brillante della civiltà ellenica, è anche l’ideale verso il quale deve tendere la civiltà moderna. Invero essa oggi è dominata da un «ottimismo scientifico» beato e malaccorto, essa crede che il mondo è intelligibile nel suo insieme come nei suoi dettagli e che lo scopo verso il quale si deve tendere è una organizzazione della vita individuale e sociale basata sulla conoscenza scientifica dell’univer-


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