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FEDERICO NIETZSCHE



18.

Per la «coscienza intellettuale». — Niente oggi mi sembra più raro della vera ipocrisia. Ho grande sospetto che questa pianta non sopporta la dolce aria della nostra civiltà. L’ipocrisia fa parte delle età di forti credenze, quando, anche essendo forzati di far mostra di un’altra fede che non la propria, non si abbandonava la sua fede. Oggi la si abbandona, oppure, ciò che è ancor più frequente, si acquista una seconda credenza, — in ogni caso si rimane onesti. È incontestabile che ai nostri giorni è possibile avere un più gran numero di convinzioni di quel che si aveva una volta: possibile, cioè permesso, ciò che significa inoffensivo. È ciò che produce la tolleranza verso sè stessi. — La tolleranza verso sè stessi permette molte convinzioni: queste convinzioni vivono in buona compagnia, e si guardano bene, come tutta la gente oggi, di compromettersi. Con che cosa ci si compromette oggi? — Con dello spirito di conseguenza; allorchè si segue una linea diritta; allorchè non ci si presta al doppio senso, voglio dire al quintuplice senso; allorchè si è veridici... Io temo assai che, per certi vizi, l’uomo moderno sia semplicemente troppo comodo: ciò che fa che questi vizi si estinguono letteralmente. Tutto il male che dipende dalla volontà forte — e forse non vi è male senza forza di volontà, — degenera in virtù nella nostra molle atmosfera... I pochi rari ipocriti che ho imparato a conoscere imitavano l’ipocrisia: erano, come è oggi un uomo su dieci, dei commedianti.

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