dalla tendenza del suo spirito piuttosto verso le vaste sintesi che non verso i lavori di dettaglio ove si rinchiudono volentieri i filologi, Nietzsche tenta d’indicare nei suoi primi lavori, e particolarmente nella Nascita della Tragedia (1872), Schopenhauer educatore (1874), e R. Wagner a Bayreuth (1876), d’indicare a grandi tratti ciò che deve essere la cultura moderna, ch’egli vuole fondare sulla sintesi di tre elementi principali: la tragedia greca, il dramma musicale di Wagner, la filosofia di Schopenhauer.
La metafisica di Schopenhauer forma il punto di partenza di Nietzsche. Come il grande pessimista di Francoforte, egli vede l’essenza dell’universo nella volontà: questa volontà si afferma identica in tutti gli esseri: essa è una aspirazione dolorosa e senza scopo, un inestinguibile desiderio che fa della vita umana una lotta perpetua, con la certezza della finale disfatta. Il mondo è dunque cattivo. La ragione, una volta che ha preso coscienza della vita universale, calcola che in ogni esistenza la somma della sofferenza è maggiore di quella della felicità; e che quindi l’uomo deve arrivare a negare in lui il voler vivere: soltanto la rinunzia assoluta può metter fine alla sofferenza universale, a questo incubo doloroso nel quale si dibatte la creatura sottomessa all’illusione dell’individualizzazione. Ma Nietzsche aggiunge che su questo punto si separa nettamente dal suo maestro, essendo il pessimismo assoluto, il nichilismo filosofico, praticamente impossibile. Se razionalmente il mondo è cattivo, se per conseguenza la vista della «verità» spinge l’uomo a desiderare il nulla, invece di tirare da questo