ammirazione ed amore dinanzi ad ogni superiorità, ad ogni vera grandezza; si onora essa stessa rendendo omaggio a ciò che è degno di omaggio; per lui l’egualitario che non vuole «nè Dio nè padrone» e rifiuta di riconoscere a chicchessia il diritto di comandare, l’indiscreto al quale manca il sentimento delle «distanze», l’invidioso soprattutto che odia istintivamente tutto ciò che è grande, per il fatto stesso che essi mancano di «rispetto» si pongono nel numero delle nature inferiori, delle anime di schiavi. Al contrario Nietzsche è superlativamente «rispettoso»; è tutto l’opposto di quegli spiriti troppo portati alla critica e che colgono d’un subito i lati piccoli, bizzarri, ridicoli, le debolezze del loro ambiente. Egli vede in bello le persone con le quali si trova ad aver rapporti. Non solo si mostra pieno di rispetto e di affetto per i suoi prossimi, il che è naturale, ma è altrettanto naturalmente inclinato ad ammirare i suoi professori al collegio od all’università, e sopratutto i suoi amici che egli istintivamente idealizzava con immaginazione e di cui talvolta, a forza d’indulgente simpatia, arrivava ad esagerarne smisuratamente i meriti. Questa facoltà di entusiasmo e di rispetto non escludeva d’altronde afftatto in Nietzsche una facoltà critica non meno possente e che ha la sua sorgente in quell’imperioso bisogno di verità, di sincerità assoluta, che è il tratto dominante e veramente «eroico» della sua natura. Egli sapeva dire «no» con la stessa energia che diceva «sì». Mai la voce del cuore faceva tacere in lui la voce della ragione; giammai si permetteva a sè stesso di compiacersi in una credenza, in una affezione che