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O voi che gridate, senza chetarvi mai, filantropia fratellanza ed uguaglianza, venite, abbassate il capo, entrate in questo tugurio, stringete la mano a questo povero ed onesto popolano, che è tornato a casa senza tanto pane da sfamar la famiglia, consolatelo, dategli una qualche moneta; non basta, promettetegli che ritornerete, che sarà d’ora innanzi per voi come fratello; io vi so dire, che questa è filantropia uguaglianza e fratellanza vera, migliore di quante se ne possano predicare attorno. Lo so, vi fa uggia il nome dell’istitutore, di Vincenzio di Paolo. Ebbene vi dirò una cosa sola: quando sotto il regime di Robespierre, gettato a terra ogni culto di Dio e de’ Santi, s’inaugurò quello solo della Dea Ragione, accanto alla immagine di Socrate di Catone di Colombo di Newton e di altri grandi genii e benefattori dell’umanità, stette in piede venerata e cara pur sempre quella del povero prete di Poy. E che? pretendereste forse d’essere pensatori e riformatori più rigidi d’un Robespierre?

Ed havvi, chi al contrario sogghigna malignamente su’ nomi moderni di filantropia d’uguaglianza di fratellanza, perchè forse non intese mai neanche quello antico di carità che li val tutti; gente che più volentieri si attaccherebbe alla negra tonaca del Gesuita, eppure prende a ombra i candidi e volitanti lini della Suora di carità, di questa famiglia di eroine, beffate dalla insipienza, benedette dalla sventura, e ammirate dalla civiltà, che si fanno trovare in mezzo alle pestilenze, fra le colonie degli emigrati, e su’ campi di battaglia21; gente che tengonsi tanto Cristiani, e sono forse peggiori de’ Turchi, che rimasero recentemente ammirati e commossi, al vedere