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ebbero a vedere la loro piccola prole lentamente deformarsi e deperire per il più brutto vizio rachitico.

Simiglianti fatti occupavano seriamente il pensiero de' medici, sì che credo, sentissero veramente aprirsi il cuore a migliori speranze per la salute della povera gente, al pubblicarsi della provvida legge: e v’era chi vi si abbandonava a segno, da credere, che il giorno dopo ogni Comune avrebbe trovato cosa molto agevole, chiamare a se un medico un ingegnere e chi so io, e dir loro: andate visitate e riferite; noi provvederemo. Ma non fu vero!

E il povero non solamente abbisogna di abitazioni salubri; abbisogna anche di alimenti per nutrirsi, di vesti per coprirsi, di lavoro che il sostenti e lo educhi. Io son bene alieno dal rizzare utopie di carta, le quali si smentirebbero di per se nel fatto l’indomani, quando non le smentisse oggi la stessa ragione sociale; io amo il bene vero, vale a dire quello che può praticarsi nella presente società, (al qual’è co’ vizii e le virtù sue, e non fra cento e mille anni in una società ideale. Io spero in quella scintilla di mutua benevolenza, che Dio infuse in ogni cuore bennato, che il Cristianesimo purificò ed accese in vera fiamma di carità, che la civiltà odierna, se vuol essere civiltà vera, dee coltivare di tutta sua possa.

Le ultime calamità pubbliche, che visitarono tanta parte d’Italia, eccitarono ovunque un fermento di carità, che, speriamo, non sarà spento col cessare del morbo cholerico; risvegliarono eletti ingegni alle indagini e discussioni de’ modi migliori del soccorrere e beneficare, indagini e discussioni, che non rimarranno, crediamo, parola morta. Genova, questa madre in ogni tempo felice di