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nell’ultima invasione cholerica in Toscana, ebbe a piangere tanto minor numero di vittime.
Ma i Municipii, giova credere nel supposto migliore, la legge benefica non intendessero, o credessero dileguato per sempre col male il pericolo del male medesimo; e il Governo, che in tanti altri affari credè bene arrogarsi de’ diritti su’ Comuni, egli che sa a quali mani ora la sorte può commetterli, in questo che riguarda cosa la più preziosa, la salute pubblica, dovea comandare forzare. Imperocchè il vedere sciupare la libertà, cara bella e santa cosa, non ci sia mai andato a genio; e preferiremmo sempre, nel reggimento della cosa pubblica, una mente forte con braccio anche più forte, agli ammennicoli e a’ vani gesticolamenti di teste eunuche.
È conviene esser medici o parrochi, per entrare in certi tugurii, dove fin l’occhio di chi passa schifa di addentrarsi, per vedere, come stia allogato chi ha un corpo e un’anima come abbiamo noi. Qui nella nostra città il male non si porge così grave come altrove; ma pure esiste e abbisognerebbe di rimedio. Io ho visto nella mia pratica qui in Prato le febbri intermittenti appigliarsi ora a questo ora a quello de’ ragazzi d’una povera famiglia, per le ree esalazioni, che s’alzavano da una latrina mal chiusa sottoposta alle finestre. In due famiglie vidi la oftalmia catarrale originarsi e mantenersi ostinata ora in questo ed ora in quello, finchè per i miei consigli non ebbero lasciata una casa umida, e infestata pur essa da simili emanazioni miasmatiche. Più tristo esempio mi offerse un’altra famiglia di braccianti, e non poveri. I due genitori eran sanissimi: ma dappoichè presero ad abitare due vaste stanzaccie, a tramontana fredde umide e buje,