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alla mancanza di quello procurai d’ammendare con altri mezzi calefacienti esterni, quali i mattoni e le bottiglie calde, le confricazioni colle lane a tutta forza, e le fomentazioni senapate. Le frizioni con olio canforato e con la tintura tebaica valsero, tranne in alcuni casi ribelli, ad alleviare e diradare le contratture muscolari delle membra e delle varie parti del tronco. I senapismi e le coppe secche applicate all’epigastrio, ora per minorare i conati del vomito, quando il vomito era mantenuto da una certa intolleranza e irritabilità nervosa, anzichè da bisogno di cacciar fuora materie, ora per attutire le sensazioni moleste di costrizione di peso e di dolore allo stomaco, sovente mi produssero buono effetto, talvolta nullo.
Venuto il terzo periodo, a seconda che la circolazione e calorificazione riprendevano vigore, rallentavo l’amministrazione dell’analettico, ma non a segno da abbandonarlo mai; eccettuati i soli pochissimi casi, in cui ravvisava segni di flogosi locale, o comecchessia tendenza a diatesi flogistica. La polpa di tamarindi sciolta in acqua, l’acqua del Tettuccio trovarono sovente indicazione in questo periodo. In donna di tempra nervosa squisitissima, in cui il vomito persisteva per vero disordinamento della sensività e irritabilità dello stomaco, l’antiemetico del Riverio sedò immantinente. Il kermes in decozione di poligala fu adoprato ne’ casi d’iperemia polmonare o della muccosa bronchiale; la santonina nelle frequenti verminazioni.
Le sottrazioni sanguigne alle apofisi mastoidee nelle congestioni cerebrali, all’ano nelle addominali e polmonari, furono ripetute a seconda della opportunità. A queste