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dita de’ piedi, cosi crudeli ch’era una compassione a vedere. Frizioni d’olio canforato, e una pozione laudanizzata acquetarono facilmente simili disordini nervosi. Ma siccome gravissimo rimaneva pur sempre lo stato adinamico, mi parve di poter curarlo convenientemente, cominciando dall’amministrare una decozione di china, che volli a bella posta, e il farmacista Ajazzi preparò, leggerissima. Non era stata di mezz’ora sorbita, che immantinente insorsero convulsioni epilettiche, con sospensione della coscenza e delle sensazioni: e com’erano accompagnate da segni di forte congestione al capo, praticai un salasso e furon sedate. Ma ne’ dì successivi gli accessi vennero più frequenti ed intensi, e il malato in uno di questi perì.
Incolperemo noi quella leggerissima pozione di china della svoltasi epilessia, perchè questa le tenne dietro quasi immediatamente, o non piuttosto andremo più in su a rintracciare la vera origine de’ fenomeni morbosi, che la precederono e le tenner dietro? Io lo credo; (e la sincerità con cui lo confesso mi scuserà l’errore in cui forse caddi) e credo, che male a proposito contenuta fosse coll’oppiaceo la diarrea; credo, che quella adinamia profonda dovea essere bastante indizio, che qualche principio venefico, e il cholerico certamente, sotto si nascondesse; e credo, che impeditane la libera uscita, andasse ad offendere letalmente, per pura azione dinamica, qualche parte più nobile e centrale del sistema nervoso. Cosi nell’altro caso, se mi fossi lasciato meno ingannare dalla ilarità del vecchio, se avessi meglio posto mente a quel solo fenomeno, i crampi, quasi sentinella avanzata del nemico, se troppo frettolosamente non mi fossi dato