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delle estremità, il polso esile, la estinzione della voce, la respirazione a fatica, lo allentamento e la sospensione di certe secrezioni ed escrezioni, la diarrea subitanea e violenta, non sono effetti o sintomi comuni dell’una e dell’altro?

Mettiamo il caso. Un tale si reca a visitare un parente un amico gravemente affetto di cholera, e vi si reca colla mente pur troppo sopraffatta e travolta dalla immagine paventosa del male. Entra; e alla sola vista della persona cara, di quel volto sparuto macro cadaverico, poc’anzi ridente di salute e di vita, sente serrarsi il cuore e un brivido percorrer le vene. Muto ed immobile l’infermo appena gli volge uno sguardo, quando a un tratto l’ode mandare strida acutissime, e il vede scontorcersi pel letto: sono i crampi, che gli lacerano orrendamente le gambe e le braccia. Chi può assistere a questi strazj di chi ne è caro, senza sentire ad ogni grido dentro di se, come tante trafitte del male medesimo? S’ammansiscono i crampi, l’infermo ricade nel suo cupo abbattimento, quando il vomito insorge ferocemente a travagliarlo. Ma a quegli angosciosi conati, chi è presente, sente il proprio stomaco oppresso da un’angustia indescrivibile, il trabocco delle materie lo eccita al vomito, o gli conviene molta forza a raffrenarsi10: anzi è mestieri l’andarsene, e fuggire tanti aspetti di male. Ma l’infermo chiama al suo capezzale l’amico il parente, gli accosta le labbra e susurra fioche parole, lo stringe colla gelida mano... Ahi, per quel contatto, di cui dura sempre la fredda impressione, la paura gli dice dentro, che il veleno è entrato nel sangue e già circola per tutte le vene, che ha attirato col proprio alito l’alito pestilenziale del cholera!