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a comparire alla campagna sino dal 1852, e come da indi in poi, sino da quando la malattia della vite apparve colà, siffatta eruzione venisse spesseggiando in modo, da assumere nella estate decorsa natura endemica.
Egli notava pure saviamente, come le malattie d’indole flogistica non offrissero più quella urgenza e resistenza alle sottrazioni sanguigne, che per lo avanti; come queste più rade abbisognassero e moderate; e come quelle si aitassero molto meglio a risoluzione coll’uso de’ vessicatori. Queste induzioni cliniche venivano poi facilmente confermate dalla osservazione del sangue estratto dalla vena, il quale mostrava cotenna piccola e piatta coagulo molle, e tutte le altre appariscenze di difettiva plasticità.
Dalla relazione poi trasmessa dal D. Guidotti al superiore Governo sulle malattie che dominarono l’anno decorso nel comune di Barberino, di cui mi favori gentilmente copia, rilevo, come nel cominciare della estate signoreggiassero endemiche alla campagna le febbri tifoidee; quali non eransi vedute così gravi dall’anno 1846, e 47 in poi. Non isfuggiva pure alla avvedutezza di questo pratico una copia straordinaria di panerecci, e un aumento più dell’usato maggiore nel numero de’ pellagrosi. A detta sua molte furono pure le diarree, sebbene e’ le consideri, come conseguenza ordinaria della stagione e dell’abuso delle frutta immature. Il D. Bugiani poi avvertiva frequenti più dell’usato le coliche, in prossimità della invasione cholerica.
Per le quali considerazioni, spero mi sarà lecito concludere, che anche in Barberino una mala altitudine esistesse negli umani organismi, originatasi per l’azione
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