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E tra le prime dee noverarsi il clima, il quale, per la copia de’ torrenti e fossati serpeggianti nel territorio Barberinese, e per altre cagioni già dette, non può essere che temperato all’umidità: la foce unica poi a mezzogiorno che rimane aperta per il borgo, sembra lo debba rendere facilmente soggetto agli influssi de’ venti australi. E mi sovviene d’aver sentito una tal sera su’ primi di Gennajo con mia grande sorpresa nel passeggiare per la piazza certe ventate calde, da rammentare la stagione estiva.

Durante la malattia cholerica prevalse in Barberino il sereno, ma misto sovente nell’antimeriggio a qualche nebbiosità: la temperatura dolce ne’ primi giorni, solamente negli ultimi si fece cruda. Lo avervi dominato poi la malattia nel cuor dell’inverno, non pare sia tale eccezione da infrangere la regola generale, che essa predilige la condizione caldo-umida dell’amosfera: poichè, dove un effetto dipende dal simultaneo cooperare di molte cagioni, il mancare d’una una qualche volta non vuol dire, che quella non abbia nè possa avere mai validità di sorta. Bene se ne misura la validità, guardando quante più volte e per quanto una data cagione abbia contribuito ad un dato effetto.

Ma le stagioni i venti le acque il suolo sono tali quali escirono di mano del Creatore, e l'uomo non può mutarli. Ma l’uomo, quasi la sua salute non fosse insidiata abbastanza da una nemica natura, dà vita di proprio talento a tali esseri infesti, che di vittima innocente si rende spesso, starei per dire, reo di suicidio. Lamentisi pure l’Arabia del Samiel o Sambari, vento fetido e pestifero, il quale, spirando su’ di lei piani arenosi con soffi