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Venendo ora alle predisposizioni acquisite, fra le abitudini acconce ad infralire la resistenza organica de’ corpi, non saprei noverare per la popolazione di Barberino, lavoriera com’è in massima parte, che le accresciute fatiche corporali; le quali se si mettano a riscontro del difettivo e scarso nutrimento, che fa grama da qualche tempo la gente, ci accorgeremo facilmente, come soverchiando dall’una parte il logoro della sostanza organica, dall’altra assottigliandosi ogni di più i mezzi della organica riparazione, i corpi viventi, decaduti dalla loro integrità, debbano riuscire più facile giuoco a’ sinistri influssi delle cause esteriori.

E de’ mestieri parlando, eccettuate le donne, quasi tutte occupate nel lavoro della treccia e nelle faccende domestiche, erano appunto quelli, i quali assoggettavano i corpi non solamente a fatiche, ma anche all’intemperie amosferiche: tali i mestieri di raccor legna a’ boschi vicini, di operante, di merciajo girovago, ed altri.

Le diuturne afflizioni dell’animo, e specialmente quelle che, oltre all’addolorarlo, lo tengono sotto una pressura muta e continua, come la miseria pe’ mancati guadagni, la sfiducia nell’avvenire, pur troppo erano cagioni resemi manifeste dalla confidenza de’ malati.

Nè pochi furono tra’ miei malati i corpi infermicci o cagionevoli, specialmente quelli abitualmente soggetti a disordini degli atti digestivi, come gastralgie vomiti diarree coliche e simili.

Le cause esteriori poi, che per la loro continua e lenta azione operano a modo di vere cause predisponenti, le distinguerò per maggior chiarezza in locali o endemiche, e in universali o epidemiche.