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dalla finestra ad infiorare la piazza e la via; chi dicesse, non esser famiglia, nè di poveri solamente, che nel cortile, ne’ terreni, ne’ pianerottoli, a’ lati dell’uscio sotto le finestre non abbia il suo deposito d’immondizie, facilmente alimentato dalla pubblica profusione; chi dicesse gli animali immondi, quasi tenuti a vita comune in molte case, direbbe cosa incredibile, ma vera e sventuratamente vera.
Ora chi meraviglierà, se il Cholera, «questo Edile tremendo», come l’ha detto un carissimo ingegno4, «che con draconiana severità punisce di morte ogni mancanza commessa nella privata e pubblica igiene», prescegliesse fra tutti i luoghi del Mugello a visitare Barberino? Ben è vero, che cosiffatte abitudini nemiche a salute e indegne di civiltà non sono da rimproverarsi ad esso soltanto, ma a quasi tutto il Mugello, tranne qualche eccezione: ma è vero anche, che negli altri luoghi la più aperta e felice situazione topografica fa sì, che l’aere, contaminato dalla mano degli uomini, viene più agevolmente depurato dalla provvidente natura, mediante il libero soffio de’ venti.
Nè io quì, per sistematica caparbietà, incorrerò in un primo peccato di storica malafede, trapassando in silenzio, che Barberino, sopra tutti gli altri luoghi del Mugello, si trova in più frequenti ed estese relazioni con Prato e la bassa pianura Fiorentina, luoghi tutti dove la malattia infieriva terribilmente, primachè apparisse in Barberino. Anzi mi giovi quì fare, come suol dirsi, la mia professione di fede, sul modo di originarsi del morbo cholerico, libera e schietta come nella mente mi ragiona.