ro, che l’occise. Ben che i molti cavalli si vede generalmente grandissima furia, & naturalmente grand’impeto di poi il fatto del coito, per un picciol spatio di tempo. Et però il suddetto essempio si pò attribuire più presto à furor naturale che à religione, & osservantia. Ma Plinio, & Aristotele, a’ quali in tutto quello, c’hanno scritto, ò in la maggior parte si pò, & si deve credere, indubitatamente; affermano che per tal fatto se ne sono precipitati alcuni. Hanno i cavalli memoria grande, & si raccordano di chi li fa dispiacere, Et benche molti esempi circa quello si potrebbono addurre, pur io ne racconterò se non uno per esser breve, che non è molto che accascò; & l’Illustrissimo Signor Giovan Battista Conti, Signor di Valmontone si ritrovò presente, & sua Signoria lo narrò a me per cosa vera. Fu un gentilhuomo, il quale si dilettava molto della caccia e de’ cani; & havea un bono, & piacevole cavallo, & havendolo più, & più volte maltrattato nella caccia, battendolo fuor di modo, & col sprone, & con altro, per volere che corresse più che l’esser suo non comportava; un dì smontando in campagna per soccorrere una lepre, il cavallo spinse contro di lui con tal prestezza, & si fier’animo, che se lo cacciò sotto, & l’ammazzava con morsi al fermo, & co’ piedi se non fosse stato soccorso presto. Il medesimo intervenne anco ad un gentilhomo mio amico. Al che fui io presente. Si raccordano anco molto più di chi gl’accarezza, che di chi gli dà noia, & gli ne rendono molte volte il contracambio. Si come ancora accenna l’Ariosto nel suo Orlando, quando fa, che Baiardo à Sacripante si volta con calci, & mansuetissimo va a ritrovar’ Angelica raccordevole delle carezze da lei ricevute in Albracca. I Tartari confidati, & nell’amore grande che portano le cavalle à i lor figlioli, & nella memoria, che hanno lasciando i lor poledri ne i confini, entrano nelle Provincie lor vicine, tra le quali ve ne sono alcune tanto addentro al Settentrione, che stanno quasi in continua notte, & oscurità, come stanno anco i Cimerij pur populi di Scithia, i quali da tempo alcuno mai vedeno il Sole, & temendo i Tartari, che una si longa oscurità non gli sopragiunga, per la quale non sappino poi ritrovar la via del ritorno, fatta che hanno la preda lasciandosi guidare dalle cavalle nell’oscuro, & per i sentieri obliqui, si riducono ne i lor paesi. Perche le cavalle tenere delli figlioli lasciati, ben tengano à memoria più, che gl’homini la via del ritorno. Si che per le cose, che havemo dette si pò concludere, che i cavalli conoschino, siano docili, habbino amore a’ soi patroni, habbino ingegno, & intelligentia grande, memoria ancora, & religione.