Pagina:Il cavallarizzo.djvu/246


LIBRO TERZO 125

homo al mondo, che lo miri, non ne resti innamorato, & pieno di stupore; & per il contrario quanti grossi & grandi son hoggi al mondo, li quali ancor che sieno robustissimi nondimeno si allontanano & danno tanto discosto da quel segno dove dà il Conte, che è uno stupore; & da che vien questo?

C.
Non v’ho io detto che non vogliate allegarmi essempi, che per uno io ve ne posso in contrario addurre infiniti? Et che sia vero, non potrei io dirvi del Signor Sforza Palavicino cavallier valorosissimo, del Signor Carlo da Gazolo, del Signor Luigi Gonzaga per sopra nome detto Rodamente, le forze stupende de quali, & la maestria nel giostrare, & in tutte le altre guise d’essercitij, che à cavallieri s’apartenghi havrebbe pieno di maraviglia, & atterito il mondo? Et la grand’arte, & valore in tutto quello che à cavallier valorosissimo si conviene, del mio Signor Pompeo vero erede del gran valore di suo padre Camillo Colonna, dove lo lascio? Certo che questo solo potrebbe stare al paragone di qual’altro cavallier valoroso si fosse se pur non andasse innanzi. Come si potrebbe anco con verità dire, sel tempo ci bastasse, dell’Illustrissimo Signor Giulio Orsino. Al valore & animo invitto del quale se ben l’invidiosa Fortuna, nella guerra tra Paolo quarto, & Filippo d’austria Re di Spagna, fu si contraria, che tra mille & mille inimiche spade egli solo a piede opponendosi a tutte, con animo deliberato di più tosto voler morire gloriosamente, che vivere fuggendo con l’amico essercito sotto Segni, havendo già previsto tutto il successo di quella giornata, & ispianatolo principalissimo capitano al suo Genarale, dal quale fu molto ben inteso ma non già creduto, al cui valore dico se ben l’inimica Fortuna in tal giornata guastò una gamba, non potè però levare che non si possi essere chiarissimo specchio & essemplare di cavalleria à ciascuno, & massime di prudentia & di virtù, così come per tempo andato fu, & spero debbi ancora essere, del correr lancie, & di tutti quegl’altri honorati essercitij, che à cavallier valoroso & intrepido capitano s’apartengono.
P.
Voi messer Claudio sarete spacciato per adulatore, se entrate così apertamente sulle laudi di questi Signori che sono qui presenti. Et di già non vedete che se ne rideno.
C.
Se se ne rideno lor danno: à me basta dir il vero & se per questo io deggio essere tenuto adulatore da me mi protesto, ch’io mi contento che ciascun mi tenghi per tale; ma tornando all’ordine nostro, perche non voglio prolungarmi tanto, vi rispondo brevemente.
P.
Non passate più oltra di gratia. Hor non v’accorgete messer Claudio che le lodi che meritamente date al Signor Pompeo qui presente, più tosto le sono à sdegno ch’altrimente, come à cavalliere che si gode che i fatti di se parlino, & non le lodi cantate da altri; le quali ben spesso apportano seco fumo di adulazione grande quando massime sono dette in presentia del lodato proprio. Et à questo proposito mi ricordo haver letto di non so chi grande Imperatore, che essendogli letto un certo libro da un’istorico in sua lode, gli tolse il libro di mano, & gittollo in mare,