sta volta mi replicate parola, ma seguendo, io vi risponderò, & prima di me à quanto ne havete detto, per ispedirmene in due parole dico, che l’essempio non tiene, & perdonatemi, da che io parlo di un cavallarizzo perfetto, & non di uno imperfettissimo come son’io. Il quale se voi lodate à torto, vostro danno, & per me vi ho pe iscusato per quanto n’havemo detto di sopra; & così credo che per questo haveranno questi Signori. Ma venendo a mio padre non niego che non fosse come voi dite, & debilissimo, & bellissimo cavalcatore; & che non havesse nel cavalcare un’arte squisitissima, così anco nell’intendersi di cavalli: ma non mi negarete voi però che quando fusse stato anco robusto non havesse molto meglio potuto essercitarlo, & meglio ancora potuto servire à Prospero Colonna nel fatto d’arme commesso alla Bicocca & in tutte quelle guerre & imprese; nelle quali fu appresso à tal Signore cavallarizzo maggiore, & favoritissimo. Ma lasciamo questo. So ben’io che molti deboli di corpo cavalcano bene, & attillatamente, & fanno cavalli che parlano; & fanno delle pazzie in cotal’arte, & so di dove pò procedere; ma non fa il fatto, imperoche se il cavallarizzo, oltre le parti suddette, havrà ancora la robustezza & la fortezza del corpo, oltra che da lei sarà aiutato assai in tutte le altre attioni che al corpo s’appartengono, nell’aggitar cavalli infinitamente li gioverà, & farà che con men fatica aggiterà quelli; & sarà molt’atto à sopportare ogni disagio & fatica: cosa che non sì agevolmente pò accadere alli deboli. Li quali per le poche forze che hanno mancano presto nelle fatiche, & nei disagi. Oltra che non sono così atti à cavallo in quelle lettioni, nelle quali il perfetto cavallarizzo dev’essere, come farebbe à dire nel spezzar lancie all’incontro con l’avversario, in terra, & in altro modo, nel torneare, & far di se prova à cavallo armato con un’altro chi più vaglia in levarsi da cavallo, & star serrato in sella; come fece quel gentilhuomo Polacco quando noi eravamo paggi in Napoli della felice memoria della Signora Duchessa di Milano, che per forza trasse di sella quell’huomo d’arme, & gittò in terra, le quai cose tutte, & altre che si potrebbono dire, ancora che il debile facesse bene, & aggratiatamente per l’ingegno, & spirito, che havesse; non dimeno non le potrebbe mai fare, ne soffrire con quel petto, & capo saldo, che il robusto & vigoroso farà, & metterassi ben spesso à rischio, se con nerboso assai s’incontra in giostra, ò in altro, di andar di sotto; & restar vinto, ne mi allegate essempi in contrario, che per uno che voi ne adduceste io ve n’addurrei mille all’incontro.
- P.
- Io non vò allegarvi altro essempio in contrario ne antico, ne moderno, eccetto quello del Conte Santa Fiore, il quale ciascun di noi sa che non è robusto, ne grande, & pur non dimeno è de gl’attillati, & valorosi cavallieri ch’oggi diportano arme à torno; & in tutti gli esercitij di cavalleria riesce tanto divinamente, che non è sì sciocco, ne sì saggio