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Rapido saltellava, e sen fuggia,
Rapido ritornava sorvolando,
Rapido s’aggirava, ed incostante
Ritornava a la madre, nè sapea
Dove tornar, dove fuggir cantando,
Se a lei sul crin, sugli omeri, o sul seno,
O sul materno braccio non posava,
Senza saper qual sien le poppe, o ’l grembo,
Nè qual la bocca dai soavi baci,
Che nulla più de la primiera immago
Vedea, nè di sua madre ombra apparia:
Poiché Canopia in quel medesmo punto,
Da un obblio di se stessa sopraffatta,
Sentissi il piè fatto radice, e tutto
Vide (se a veder più valeano gli occhj)
Assottigliarsi il corpo in verde canna,
Le mani in foglie, e ’l crin converso in tiglio;
Nè più aver fronte, ma un cespuglio misto
Di frondi minutissime, e di fiori
Verdastri, e d’un odor grave e sonnifero
Spargersi tutta, e così viva starsi
In arborea sembianza, e sentir spesso
Vicino il figlio garrulo, e canoro
Farsi suo nido ov’essa pria gliel fece,
Essa canape fatta, ei canneruolo;
Essa del figlio consolando i lai,
Esso a la madre rammentando il fallo,
Che in sì varia natura trasformolli,
Fin che la falce a lei tronchi le piante,
E metta in fuga lui dal grembo amato,
Che al caldo Austro a narrar voli i suoi casi.