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Sul pizzicar de l’alba messaggiera:
E chi del gallo il canto è a sentir primo,
Svegli ’l compagno, e si rialzi a un punto.
Or se cerchi saper quando maturo
De la canape sia l’arbusto e ’l tiglio,
Per così metter mano ai ferri tuoi
In tempo fruttuoso ed opportuno,
Senti ciò che per via d’esperienza
Insegnò la natura al vil bifolco,
E impara come anche ne’ rozzi petti
Quel saper regna, che sovente alberga
A forza di sudor nei saggi padri
Che incanutir’ nel Peripato, e furo
Discordi sempre, e in gran battaglia misti,
Sebben maestri di color che sanno:
E apprendi a venerar le carte antiche,
Da cui, sott’ombra di mentiti Numi,
E di sognate favole, fu data
A l’uom per ben saper arte, e dottrina.
Un vero adunque testimon se vuoi
De l’aspettata maturezza, volgi
Gli occhj a la pianta fin da l’imo al sommo:
Se d’auree macchie le vedrai la scorza
Vergata, come salamandra il ventre,
Segno è, che ’l vital sugo allor da l’ima
Radice va mancando, e più non nutre,
Come chi ’nvecchia, che sebben è in vita,
Pur è una vita, che a morir comincia,
E per questa atterrar basta ogni vento,
Se le rughe senili an fede al mondo.
Ma da ciò sol non rimarrai securo:
Nuovo e più chiaro testimon n’avrai
Di maturezza in questa gentil pianta,