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Però un sarchiello a due taglienti penne,
D’inegual latitudine ai due capi,
Ben affilato, e maneggevol molto,
L’arme sarà miglior per la tua guerra.
Con quest’asta ferrata e bitagliente
Vanne per entro ’l campo, e nudo sia
Il tuo piè, che ’l virgulto non offenda:
Vanne, e col ferro a colpi lenti e corti
De l’orgogliosa erbetta il crin recidi,
E se l’angusto campo tel consente,
Penetra sino a la radice, e quante
Selvagge ne vedrai, tutte ne sarchia:
Poi lascia i tronchi avanzi, e i morti busti,
Qual la cadmea già serpentina prole ,
Sparsi sul campo, e non curar di loro:
Terra già furo, e terra torneranno.
La del tuo sarchiellin penna più larga
Sommova intorno al tuo diletto gambo
L’indurito terren, finchè respiri,
E al crescer de lo stelo apra la via.
Dove folte vedrai le pianticelle,
Se vuoi (com’è di buon cultor costume)
Che senza danno il ferro tuo s’adopri,
China te stesso, e con benigna mano
Sterpa l’erbe selvatiche, e ripurga
Così la terra, sicchè tutta sia
De la nascente canape in dominio,
Nè con con altri a partir abbia il tuo frutto.
Ti dorrà forse, che scrignuto e curvo
Convienti lungo tempo errar pel campo?
Ma in che vuoi tu incurvarti? In vegliar tutte
Le intere notti a lume di lucerna
Su i volumi d’Atene, o pur di Coo?