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E a ripigliar la cominciata impresa.
Tutta di nuovo si rimetta in filo
L’ordinanza, e tu proto – caporale,
Ripiglia a batter con la man la solfa,
Tanto che sera giunga, né scoperto
Di canape un granel neppur rimagna,
Finchè ingrossando va Cinzia le corna.
Arte però, non men che sperienza,
Trovò come ridur tutta al coperto,
E appareggiar la sviscerata terra
Col martellar de la fendente zappa.
Per retroguardia de’ combattitori
Farai che resti più d’un uom robusto,
Le mani armato di dentato rastro,
Che sorpassando il seminato campo,
E dove calcar’ gli altri, ricalcando,
Rompa qualche pur ivi insorta gleba,
E dia fresco terren, trito e minuto
Al seme ivi riposto, ove non l’abbia.
Questo rastro sarà ’l livellatore
Di tutto ’l campo, che in guardarlo solo
Con l’occhio da lontano, e da vicino,
Parrà una piazza aperta per danzarvi,
Senza offendicol, dove ’l piede inciampi.
Vada pur dopo la brigata al suo
Tetto, e se madre v’ha di bambolino,
Lo sfasci, ’l ripulisca, e poi lo allatti,
Che tempo è di pastura anche per lui.
Gli altri vadano tutti al suo covile
A riposar da le fatiche il fianco:
Da lor nulla più chiede il canapajo,
Finchè ’l seme non metta alcun germoglio: