Pagina:Il canapajo di Girolamo Baruffaldi, Bologna 1741.djvu/41

250Copioso frutto de la tua fatica,
Ed a moltiplicar la tua semente.
Ma se ’l letame sia nuovo e indigesto
Di raddoppiar la dose non t’incresca,
Nè ti dolga il veder molt’erbe inutili
255A convertire il canapajo in prato.
Tal danno avverrà ancor, se chiuso e stretto
Terrai lo scrigno, e de lo stabbio invece
Di mandra, amerai quel che si ammonticchia
Per le case più povere e meschine,
260Dove ogni avanzo, ogn’immondezza, ed ogni
Fango fa massa, e vendesi a vil prezzo,
Quanto val la pigion d’un focolare.
Nè ti fidar di quel letame immondo,
Che tanto è in prezzo per virtù d’appalto,
265Di cui gran copia dal vicin paese
Navigar ti vedrai fin sul tuo porto.
Costor, che di penuria fan guadagno,
Godon del nostro giogo, e purchè il lucro
Abbiavi dentro, ann’ogni odore in pregio;
270E san dir, che gran studio, e gran fatica,
E vi si assorbe gran denaro ancora.
Ma chi sa dove il diavol tien la coda,
Sa quel letame dove nasce ancora,
Che a noi per manna ognor vender si vuole:
275Merce d’accatto vario, e rimasugli
Di latrine pestifere, dal ghetto
Immondo, e vile ricettacol tratti;
O steril fango, ed arenoso avanzo
Misto d’umane feccie e di carogne,
280Che si calpesta ove nasce, e trovasi
Per derelitto lastrico a le vie.
Questa è la mercatura, e questo è ’l traffico,