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Del giornalier viaggio; e poi ritorna
(Volte le spalle a l’orizzonte primo)
A ripiantar il vomero lucente
55Poco, o lì presso, e torna colà dove
Già cominciasti il tuo lavor primiero,
Sempre novella terra discoprendo
Di goder disiosa e l’aria e ’l sole,
Dov’era pria mortificata e fredda.
60In questo andirivieni, e in questo giro,
Io voglio ’l solco assai profondo, e tale,
Che la terra sepolta si ravvivi,
E a respirar l’aria più aperta salga.
Ma non sempre così: questa fiata
65In molti solchi pur diviso resti
Il campo tuo, che poco, o nulla cale.
La prima prima pettinata è questa,
Che quel duro terren squarci a l’ingrosso,
E fa quanto fa un pettine ad un crine,
70Che rabbuffato sia: molto vi vuole
A ripulir la discriminatura,
Nè gran danno è se alcun gruppo rimanvi.
Quando poi torni a ripigliar l’aratro
In stagion nuova, allor non vo’, che segno
75Alcun di sua profonditate appaja.
Con la vicina ed ultima solcata
Che farai, copri la già fatta fossa,
E siegui così sempre a rindossare
Per otto, o dieci solcature eguali,
80Siccome l’onda, che l’altr’onda incalza,
Nè del suo primo alzar vestigio lassa:
Così la terra, che da un solco è tratta,
E ch’era sotto in tenebre sepolta,
Sorge a rifar la superficie nuova,
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