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18 | DEL CANAPAJO |
CHI vuol di forte Canape e sottile,
Ma insiem candida quanto è ’l puro argento,
85Far’ a suoi tempi una copiosa messe,
Nè buttar l’opra, e la fatica al vento,
Scelga un terreno di propizio clima,
Perchè non ogni Terra atta è al medesmo
Frutto, nè ogn’aria, nè ogni Ciel favora
90Sempr’egualmente ciò che in terra nasce.
Come veggiam, che non allignan Platani,
Nè Cerri qui fra noi, ma Pioppi, e Salci,
Nè là dove di Platani, e di Cerri
Abbonda ’l suol, v’ha Salce alcuno, o Pioppo:
95Così in basso terreno, e limaccioso,
Dove soverchio crasse particelle
S’alzino ad ingrossar l’aria, che piomba,
L’innocente germoglio Canapino
Da l’eterea gravedine depresso,
100Penerà molto ad ingrandir suo stelo;
E ciò, che di grandezza a lui vien tolto,
Ad ingrossar verrà la dura canna
Di scorza tal, che darà pasco al tarlo;
E allora quando si verrà al lavoro,
105Convertirassi inaspettatamente,
In Canape non già, ma in borra, e stoppa.
E sappi, che la scorza (volgarmente
Tiglio appellata in questi miei contorni)
La scorza, dissi, è tutta la gran dote,
110E tutto ’l capital di quella stirpe,
Come del Cinnamomo è la corteccia,
E come di tal’un, che quanto tiene
Di vesti in casa, tutto indosso porta.
Però l’aria esser de’ temprata, e dolce,
115Mista d’acuminati, e di rotondi
Cor-