Pagina:Il canapajo di Girolamo Baruffaldi, Bologna 1741.djvu/24

Ma villerecce ed umili dottrine,
Da cui chi è saggio può raccor gran frutto.
55So, che la vigna mia ti fu diletta,
E da’ tuoi carmi fu illustrata spesso;
So, ch’ Enante, sopr’altri, a te fu caro,
Seco sovente gareggiando in rime
Piacevoli non men, che gravi e argute:
60Or tempo è, che tu ancora lo secondi
In questa nuova, benchè umile impresa,
Che a te consacra, e col tuo chiaro nome
Sparge per tutta Italia, ad instruirla
De l’arte industriosa, onde a cultura
65Ridur si debba il canapino seme.
Nè già disdice a te: tu pur sei donna,
Cui la vita domestica più aggrada,
Che la superba popolar comparsa,
Come la donna forte già lodata
70Dal re più saggio, ch’in pel biondo seppe
Piucch’altri mai col crin canuto e bianco;
La qual, quantunque a fort’imprese e invitte
Stendesse il braccio, oprar però le piacque
Col buon consiglio ancor de le sue mani.
75Porgimi dunque il tuo benigno orecchio,
Ed i precetti apprendi, onde tu possa
Ai tuoi villani, ed a le forosette,
Che i tuoi coltivan’ ubertosi campi
A la destra del limpido Baganza,
80L’arte insegnar di farti ricca e pingue
Con questa merce, ch’è sì chiara al mondo,
Di cui già tacque il mantovano Omero.