Pagina:Il canapajo di Girolamo Baruffaldi, Bologna 1741.djvu/110

Piantisi in modo tal, che guardi il labbro
De la fossa: e a la destra, e a la sinistra
Abbia i fasci ancor fitti, e possa comoda-
mente sfasciarli, e fuora trarli a un tratto.
Fatto securo del suo fermo piede,
Volgasi a qual più vuol de le due parti,
E tolga ai fasci il peso, che sovrasta,
O di stanghe, o di sassi, o pur di loto,
Tutto buttando a la vicina riva;
Che senza questo cominciar non puote
L’opra, per cui là giù quasi è sepolto.
Poscia a troncare o i vinci, o i rovi siegua
Onde legati son dai capi i fasci,
E vedrà a un tratto, per tal scioglimento,
Quelle manate tumide allargarsi,
Anzi con lento moto alzarsi a galla,
Siccome pesce, che a fior d’acqua nuoti.
La prima prenderà, che a la man vegna,
E così l’altre, che da se già sono
Sciolte da quel legame, onde fur cinte.
Afferrata la prima, ei se la prenda
Dinanzi tutta al ventre in acqua stesa;
Poi con le mani le stropicci forte
Tutto ’l pedal ne l’acqua, e ne distacchi
Le cannevelle, ed apra la manata
Con dolce violenza, e a pel de l’acqua.
Indi con le due mani in giù pendenti,
E con le braccia per di fuori arcate,
Sicchè i gomiti stien come arcuati
Per lo di fuor, chini se stesso, e afferri,
Ed alzi la manata con le palme,
E fin coi polsi, sempre a la rovescia
Quella rotando verso ’l proprio ventre,