Pagina:Il canapajo di Girolamo Baruffaldi, Bologna 1741.djvu/101

Pioggie quante bastar potranno a l’uopo
D’alzar il fiume, e accrescer la sorgente;
O pur del tuo maceratojo in mezzo
Un picciol pozzo scaverai, per quanto
L’altezza sia de la statura umana,
E vedrai, che da l’imo immantinente
S’alzerà l’acqua, e t’empierà la vasca
Con abbondanza, e quanto vuoi ne avrai.
Che sebben l’acqua rinovar non puossi,
Sebben non corre, e putrida diventa,
E s’annerisce, e crassa ha la sostanza,
Pur si può dire un dissolvente eletto,
(Che menstruo appella il chimico sudante)
Questa a squagliar filaginosa messe.
Tocca al bravo cultor da la corrotta
Putredine purgarne i fasci, allora
Che fuor li trae per rilavarli, molto
Le manate battendo, e ribattendo
In quello stesso putridume, in cui
Regna ancora virtù di far che giunga
Al candor disiato l’immaturo
Filo nascosto ne la verde scorza.
E in ver chiunque in tai maceratoj
Può l’uso aver di vera acqua sorgente,
Vedrà ad un tratto di pastoso tiglio
Fiorir quante manate ivi porransi:
E credil pur, che a vanvera nol dico.
Aperto un tal sepolcro, e di tant’acqua
Ricolmo sì, che da se stesso vaglia
De’ tuoi fasci a coprir tutta la mole,
Fa che di tratto in tratto, ivi piantate
Nel lezzo sien varie, dirò, colonne,
In linea retta, e in pari ordin disposte,