Pagina:Il buon cuore - Anno XIV, nn. 35-36 - 4 settembre 1915.pdf/7


IL BUON CUORE 255


Imitiamo l’esempio delle turbe. Quando Cristo seppe dagli Apostoli tutto il bene che avevano fatto, predicando intorno la buona parola, egli si ritirò in luogo deserto. Le turbe gli tennero dietro,. ed egli benigno accolse e parlava loro del regno di Dio, e risanava quelli che ne avevan bisogno. E’ una lezione che va bene per tutti, innocenti e peccatori. Peccatori, seguiamo Cilisto nel deserto, cioè esciamo dalle occasioni del male, andiamo a confessargli umilmente le nostre colpe, a chiedergliene perdono. Innocenti, seguiamo. Cristo, nel deserto, cioè nel silenzio della nostra cameretta, nella pace del Tempio; conversiamo amichevolmente con lui, confidiamogli tutte le nostre ansie, i nostri desideri, i no.,ti propositi; viviamo nella intimità della sua vita. Uniti a Cristo, qual gioia per tutti! Peccatori, gioja rel perdono; innocenti, gioja nell’amore. L. V.

Perché vince il nostro Esercito

Il nostro Esercito vince perchè se è valoroso quanto sarà o potrà essere quello austriaco, è guidato da uno stimolo d’una Civiltà ascendente che se giustifica l’uso della forza e della sua potenzialità, tempera gli odii, esclude le barbarie ne si cimenta nella cattiveria e nella malafede come fa quello austriaco sulla base dei suoi principii educatori che, per converso, invece, si mettono alla coda del diritto ad incivilire e dominare modernamente.. Vince il nostro Esercito perchè lo anima la santità della causa basata sul diritto naturale di proprietà del suolo, secolarmente sotto il giogo barbaro e anticivile di chi, noti avendo retta onestà d’animo, non sente moralmente il dovere di restituire ciò che si prese non altro che col brigantaggio e colla forza travisando e imponendo nazionalità anti-italiana. Vince il nostro Esercito perchè nell’azione, è fornito d’elementi educativi d’un popolo che se ogni giorno consegue progresso nella civiltà, scienze, arti e mestieri, all’incontrarsi colle asperità, a eliminarle o a vincerle, non si vale dell’oppressione, della fine ipocrisia, della repressione bruta, ma col semplice monito e colla prova di una civiltà veramente progredita che rifugge di dare occasione di formare quegli elementi ingombranti il processo stesso di quell’elevata Civiltà. Vince il nostro Esercito perchè nelle sue decisioni, l’azione, la tattica, le armi, il pensiero, non sono informati al concetto vigliacco del forte che ingenerosamente assale il debole o il piccolo quale il Belgio, la Serbia, le, zone nemiche indi fese, ma ossequiente, invece all’alto concetto superiore di una Civiltà ascendente, s’informa sui principii che ne scaturiscono e lo mette in condizione, per converso all’austriaco, di non farsi mai accusare vigliacco mentre sa farsi rispettare, temere, onorare dal nemico stesso. Vince il nostro Esercito perchè in armonia a quei suoi elevati principii di Civiltà, anche se offeso, non

si difende ed offende coll’insulto volgare e villano dei nemico, (riflesso retrogrado di civiltà) ma si difende ed offende in ben altro modo, sia colla giustizia, sia colla forza e collocando l’animo offeso, in modo nobile, al disopra dell’insulto. Vince il nostro Esercito perchè l’opera del Re, dei suoi generali e governatori, si confonde con quella dei valorosi soldati come è stimolo ed esempio alla prontezza del proprio sacrificio della Vita; è opera sospinta dalla luce di quella nuova civiltà che il grande stellone d’Italia irradia e guida ed ove riflette i raggi della giustizia del dominio civile, della riforma della penalità più rispondente alla Civiltà ascendente e che rifugge dagli antichi mezzi come degli attuali degli austriaci stessi che usano la tirannide e la forca, mezzi, che per se stessi, a giusta riflessione, sono manifestazioni condannate sebbene elevate a legge e quindi in grande contraddizione col preteso predominio della Civiltà. Vince.il nostro Esercito prechè se l’anima italiana porta sempre con se tutta la purezza dell’amor patrio, della poesia, dell’amore all’arte ed alle scienze, tutto ciò fa sl’che lo innalza facendone emergere la sua bellezza, fa sì che se non ha in disprezzo la vita, la cimenta per il sacrificio portandolo così a conseguire il raggiungimento della grande idealità italiana, l’idealità di riavere terre irredente rendendo in un tempo ossequio al fato e al passaggio della Storia. Milano, Agosto 1915. ANNIBALE AGAZZI.

Una serata artistica. (Da «La Valle d’Intelvi» Lanzo, 21 agosto 1915).

E’ con animo veramente lieto che m’accingo a parlare della serata artistica musicale che si svolse all’Héitel Bella Vista davanti ad un pubblico elegantissimo, e gremito: quel pubblico speciale delle stazioni Climatiche che ha una psicologia tutta propria, fatta di gaiezza, e di squisite mondanità. Diciamolo pure francamente; raramente avviene di scovare fra i villeggianti non tanto le doti necessarie, quanto l’accordo utile per poter imbastire in pochi giorni un trattenimento che non cada nella banalità e tale da non compromettere l’aurea parola dell’arte, troppo frequentemente fraintesa. Ma sia per la valentia degli esecutori, sia per alcuni nomi già conosciuti al pubblico, la serata passò fra continui applausi e approvazioni e quel che più vale.... senza stancare. Al Maestro Moioli toccarono i primi onori per aver saputo far cantare con perfetta intonazione e sincronismo una trentina di bimbi, belli e sorridenti come il disfiorir d’Aprile. Indovinatissimo l’inno sulle battute della Marcia Reale. Uscivano le note belliche da quelle tenere gole come una sfida degli innocenti al barbaro oppressore. Le signorine L. Candrina ed E. Raffo si distinsero per scuola ed esecuzione al pianoforte in diversi brani di facile fattura.