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IL BUON CUORE 277


ne: circondata di più affettuose cure può gettare ancora qualche germoglio e fiorire. Dio quindi si piega alla voce della sua misericordia che gli ripete: Lascialo anche quest’anno, fin ch’io lo zappi e lo concimi intorno, se mai facesse frutti; e se no, allora lo taglierai.

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Il nostro mal volere, che deforma tante cose ottime, spesso!piglia pretesto di scapestrare e tenta soffocare punto i gridi della coscienza ’angustiata, appellandosi a questa misericordia che è istancabile nell’attendere e nel pazientare. Così operando ci abbassiamo alla più indegna delle ingratitudini: ripaghiamo con oltraggi Colui che, noi lo sappiamo, è tutto intento a colmarci di benefici. Ma insieme la nostra perversa condotta si basa sopra un cattivo ragionamento. Senza manco dirlo a noi stessi, noi riteniamo che in Dio la misericordia sia quasi un sintomo di debolezza, un accomodamento, una transazione tra la giustizia e la bontà: mettiamo la misericordia a tutto scapito della giustizia. Noi dimentichiamo che in Dio tutto è perfetto, e che l’uno attributo non meno. ma, non offusca, ma corona e completa l’altro. Ora è certo che Dio è misericordioso perchè è del pari giusto. Per stabilire rettamente fino a qual grado sale la responsabilità, il Giudice divino non valuta solamente l’atto isolato nei suoi caratteri esterni, come lo farebbe un magistrato civile. Dio pesa tanti altri elementi che concorrono a dare figura specifica all’atto, e su questi basa il suo giudizio. Dio vede quanto nell’anima vi è di buono; vede per quali tortose vie, e seducenti, il male è riuscito ad inquinarla, ad ossessionarla. Dio non dimentica quali ripugnanze l’anima ha sentito dapprima: come poi une fitta rete di suggestioni, di tentazioni, di seduzioni sono riuscite a scalzare la sua resistenza, a carpirle l’assenso. A Dio son note le angoscie di quella povera anima che sente nausea di sè stessa, che sospira con gemiti la libertà, la vita para, la vita di grazia. Dio raccoglie le lagrime, le amare lagrime, di quella sciagurata che non trova pace sotto la bugiarda apparenza di felicità: che morde, piangendo, la pesante catena della schiavitù e ciò malgrado non hs l’energia, la volontà risoluta di scuotere l’infame giogo. Dio pesa tutto e su questo esame esauriente fonda il. suo giudizio, che, informato alla più alta giustizia, a noi sembra ispirato a una tal forma di epicheia, dettato da bonaria indulgenza. Ma se invece l’anima si è talmente pervertita che beve l’iniquità come l’acqua: se l’anima non sente più, neanco nell’ora del dolore e nel segreto della coscienza, il rossore della colpa, e con un freddo scetticismo calcolatore conta sulla misericordia • divina come il ladro conta sulla dabbenaggine della sua vittima, allora Dio che è giusto non trova alcun addentellat.() per la sua misericordia: non p’tò quindi mentire a sè stesso e l’anima è perduta L’anno di prova è terminato, la longanimità è esaurita e la pianta s’aspetti da un istante all’altro la

tastrofe: la scure è ormai alla radice. Sarà unizione immediata o invece sarà l’abbandono. Que sto è segreto di Dio; ma di certo la giustizia r.on Lrderà a pigliare il sopravvento.

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In una pagina attribuita a S. Agostino, pagina ’iboccante di santa mestizia, così parla l’anima che ha compreso il mistero della misericordia divina di frort•te alla umana miseria: «O Signore, ecco io porto al tuo cospetto il fardello delle mie colpe ed insieme ti scopro le piaghe che ne ho riportato. Certo che se ripenso a quello che ho fatto, mi pare un nulla Tomío ho patito: sì, un castigo ben più severo mi sarei meritato! E così grave il male che ho commesso ed è tanto leggero quello che ho sofferto. Ma tu lo vedi, o mio Dio; io che sono tanto nauseato della mia triste vita non so poi evitare le continue ricadute nel peccato. Sotto l’impressione dei tuoi castighi la natura debole si spaventa, ma la cattiva volontà non si smuove: la mente convulsa si agita, ma la cervice non si piega. Nell’ora del dolore io sospiro la •tua grazia, ma al momeno d’agire, non riesco ad emendarmi. Se tu differisci il castigo, io ne prendo ansa a malfare; se metti mano al flagello, io non resisto all’ira tua. Durante la riprensione riconosco le mie deficenze non appena trascorsa la tua visita dimentico quello che prima ho amaramente pianto. Se tu stendi la mano mi affretto a promettere; se trattieni la spada, non mantengo le promesse. Se mi percuoti, subito grido: Perdonami! e se mi perdoni, di nuovo ti provoco a castigarmi. O Signore. ecco che il reo ti confessa la sua colpa; lo riconosco bene che, se tu non osi misericordia, a diritto io andrò eternamente perduto. O Dio, Padre Onnipotente, accordami, per i meriti di Gesù, quanto ti chieggo, sebbene io non abbia merito alcuno; Deh! ascoltami, Tu che dal nulla hai tratti tutti gli uomini perhè ognora fidenti ti invocasG. G. sero nei lora bisogni».

Vangelo della Domenica seconda d’ottobre

Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù se n’andò al Monte Oliveto; e di gran mattino tornò nuovamente al tempio, e tutto il popolo andò da Lui, ed Egli stando a sedere insegnava. E gli Scribi e i Farisei condussero a Lui una donna colta in peccato; e postala in mezzo, gli dissero: «Maestro, questa donna or ora è stata colta che commetteva peccato. Or Mosè nella legge ha comandato a noi che queste tali siano lapidate. Tu però che dici?» E ciò essi dicevano per tentarlo, e per avere onde accusarlo. Ma Gesù, abbassato in giù il volto, scriveva col dito sulla terra. Continuando quelli però’ ad interrogarlo’ si alzò e diíse loro: «Quegli che è tra voi senza peccato, scagli il primo la pietra contro di lei.» E di nuovo chinatosi scriveva sopra la terra. Ma coloro, udito che ebbero questo, uno dopo l’altro se ne andarono, principiando dai più vecchi: e rima