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202 IL BUON CUORE


superare il momento di crisi presente, perchè le crisi non si superano attardandosi pigramente indietro. Però al passato si deve tener,l’occhio vigile, mentre si procede, scrutando dove appaia un raggio di bellezza che giovi come stella di orientamento. E questi raggi ci vengono da lontano, da quella aurea età in cui la musica era più candida, ma assai significativa, serena e grandiosa ad un tempo, religiosa; dalle creazioni dei genii della scuola romano fiamminga nel cinquecento, dal serafico Pier Luigi, dal potente Lasso per la musica vocale, ed all’alba del seicento dal Frescobaldi per quello che riguarda la musica istrumentale. In questo periodo di tempo perfino de melodie profane palesavano un carettere di freschezza, di maestà composta, derivando esse immediatamente dal canto gregoriano. Sul vergine tronco del gregoriano maggiormente si innestarono le pagine dei grandi polifonisti chiesastici, nelle quali nulla si può notare di turbato, ma sempre a medesima onda soave, la medesima ingenuità celestiale, la medesima compostezza di un popolo che prega ed adora. Qualche espressione di Orlando di Lasso può sembrare un po’ rude ed agitata, ma non è la sua una agitazione che disturbi, essendo essa assorbita dalla grandiosità della linea michelangiolesca. Solo è a deplorare che talvolta la divina calma palestriniana degeneri in freddezza glaciale, specialmente in alcune messe, che sono sublimi fino... alla noia! e soggiungo questo, perchè è sempre riprovevole la esagerazione di chi in seguito alla canonizzazione d’un autore vuol vedere la perfezione indistintamente in tutte le sue opere. Ciò nondimeno il patrimonio geniale, grandemente geniale di lui è tanto considerevole da fargli attribuire con ragione ancora oggidì l’aureola ed il culto di principe della musica, da farlo riconoscere la miniera di alte ispirazioni, la sorgente, alla quale è sempre fecondo attingere lo spirito dominante di un’arte che educa ed eleva. Un musicista di poco posteriore, la cui venerazione va facendosi ogni giorno più profonda, è Gerolamo Frescobaldi. Originale, ardito pei tempi in cui visse, qualche volta non del tutto nitido ma ricco oltremodo di costanza musicale, non raramente pieno di ardore, è sotto un certo’ punto di vista preferibile a Sebastiano Bach. Questi, come rileva giustamente Giannotto Bastianelli in uno dei suoi preziosi profili musicali, si presenta parecchie volte con un formalismo prodigioso ma vuoto, tessuto su disegni insignificanti o quasi; e non ha che di rado quell’alito di calda religiosità, che molti esageratamente credettero di vedere in lui sempre. Se si fa eccezione per un discreto numero di composizioni di Bach, veramente meravigliose sotto ogni rapporto, penso che si potrebbe dire di buona parti- dell’opera sua quello che Wagner forse troppo rigorosamente disse di un altro musicista perfetto dal punto di vista formale, di Mendelsohn «Il ’vuoto ben pensante»; e credo di ricordare in proposito non inutilmente, che fu Menddsohn a diffondere il culto di Bach, sebbene sia lungi dal voler mnomare il diritto che il grande di

Eisenach ha alla nostra ammirazione. Se Frescobaldi ci dice qualcosa più di Bach, lo dice, però meno bene, con qualche ruvidezza od inviluppo che sorto affatto assenti dall’opera dell’altro. Nei secoli successivi più vicini a noi ’l’ispirazione religisa è stata offuscata nella sua purezza e maestosità: anche quelli, (eccettuati forse Haendel e Cherubini) che di proposito vollero la loro musica di fede, di idealismo, non poterono del tutto sottrarsi ad una influenza finemente sensuale; per tacere del settecentista Benedetto Marcello i cui Salmi geniali non raggiunsero opere palestriniane, accennerò al mistico ed austero Cesar Franck, della seconda metà del secolo scorso, il quale lascia sentire una eco lontana della dolorosa subilimità wagneriana. Vi sono dei geni sì potenti da dominare tutta una epoca e da far cadere ai propri piedi, oltre ai gusti delle folle, un poco anche quelli di artisti privilegiati che pure avevano un ideale proprio a svolgere una parola propria à dire nel Parnaso musicale; tale è stato appunto il gran Riccardo di fronte a quasi tutti i musicisti del st.o tempo. Da quanto son venuto dicendo, si potrà forse arguire che io voglia tirare una linea su tutta la musica che non sia quella di Palestrina, Lasso o Frescobaldi. Le mie affermazioni potranno in modo speciale far piacere ai nemici accaniti di tutta la musica contemporanea, a coloro che la vorrebbero finita con tutta la tecnica moderna. Mi preme di non essere frainteso: non sento’ di dover.portare le mie preferenze su quello che si suol dire il contenuto delle novelle produzioni musicali: deploro. la debolezza di pensiero e di sentimenti, la mancanza di vitalità vera, sana, elevata, debolezza e mancanza che hanno dato origine ai nuovi indirizzi; ma non mi sento affatto di unirmi al coro delle voci che protestano contro la pretesa anarchia del nuovo senso tonale (la cui unità risulta di rapporti, di legami diversi dai consueti), delle conquiste armoniche, istrumentali, il cui unico ostacolo sono i pregiudizi di chi ha eretto a canone fisso la maniera propria di una scuola o di un autore. Nè vale opporre che riprovando ’il contenuto di questa musica, si vengono a condannare implicitamente i nuovi orientamenti di forma, che si vogliono considerare come derivato necessario di quello. Infatti parecchi procedimenti formali simili in due autori non hanno impedito che le loro opere avessreo un carattere affatto distinto, ed espressioni radicalmente diverse; si confrontino ad esempio Moussorgski e Debussy. Mi sembra quindi possibile e vantaggioso cogliere i germi di incanti relgiiosi che sono nascosti nell’odierna musica francese, e facendoli passare attraverso il filtro di una sensibilità più vigorosa, purificarli dal torpore che un poco li intisichisce e svilupparli ampiamente; penso ai delicati accenti sparsi qua e là nella preraffaelita o Demoiselle elue» e nel «Martino di S. Sebastiano». Cosi pure è qui opportuno accennare a due lavori di Riccardo Strauss, (noto comunemente solo per la musica spasmodicamente nervosa di Salomè e d’Elettra), due cori a se, RW