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IL BUON CUORE 103


udienza che benignamente si era degnato di accordarmi alcuni giorni prima, alla vigilia della mia Messa d’oro. ma, al punto di aprir la bocca, non avevo avuto il coraggio, sembrandomi sconvenienza che io,.pur sommessamente, mi arrogassi il compito di dare suggerimenti al Papa. — Avrebbe fatto bene, — mi disse il Cardinale Agliardi — il Santo Padre avrebbe benignamente ascoltate le sue parole; quello che non ha fatto lei, lo farò io nella prima circostanza in cui vedrò il Papa. Bisogna che quella parola non sia stata detta o non sia stata ascoltata, perchè il bisterna di teorie Xl Li non fu punto ripreso e continuato da Pio X. Andando ora a Roma dopo sei anni di assenza, era ben naturale che mi procurassi l’onore ed il piacere di una visita al Cardinale Agliardi, tanto più avendo saputo quale parte notevole egli aveva avuto nel caldeggiare la elezione di Benedetto XV. Andai al Palazzo della Cancelleria: il Cardinale era a letto ammalato; il medico curante, che usciva in quel momento dall’aver visitato l’augusto infermo, lasciava l’ordine che non si accordassero visite; dovetti accontentarmi di parlare col Segretario, consegnandogli, la presentare a Sua Ern nenza, una copia, che gli portava in omaggio, della mia traduzione del libro De. Christi. Il segretario, udendo che mi sarei trattenuto a Roma una quindicina di giorni, mi disse: Ripassi prima di partire; speriamo che Sua Eminenza, allora migliorato, la possa ricevere. Tornai: le condizioni non - erano migliorate. Dopo pochi giorni del mio ritorno a ’Milano, i giornali portavano la notizia della sua morte! Col Cardinale Agliardi è morto uno dei membri più autorevoli del Sacro Collegio. Non ricorderemo tutte le importanti missioni delle quali egli fu successivamente incaricato dalla Santa Sede, e che egli condusse con sommo tatto e con esito felice. Amiamo rilevare due note che gli furono caratteristiche, e che ebbe comuni col suo compatriota lombardo, il Vescovo Bonomelli, il desiderio della conciliazione della Chiesa coll’Italia, e la propensione a prendere le difese di chi gli sembrava, più del dovere, perseguitato; fra questi il Murri, che non corrispose poi alle sue attenzioni, procurandogli in seguito un gravissimo dispiacere. Il Cardinale Agliardi muore in un momento nel quale avrebbe potuto fare, col suo programma conciliante e colla sua autorità, un grande bene: Benedetto XV, che gli era legatissimo, col vivo dolore provato alla sua morte, manifestò quale grave perdita sentiva di aver fatto, e quale aiuto prezioso gli veniva meno in un momento cosi difficile e importante nella direzione della Chiesa. Egli lasciò scritto in testamento, di voler essere sepolto ad Osio Sotto, il paesello bergamasco, dove egli come parroco passò i primi anni del suo ministero e dove sperava di avere un maggior suffragio di preghiere: prova evidente come lo spirito sacer dotale, anche nel seguito delle missioni più elevate ed importanti, anche nello splendore della porpora, rimanesse la scintilla viva e costante della sua vita. Anzi è forse la persistenza di questo spirito sacerdotale. sostrato delle sue idee e de’ suoi sentimenti, in un periodo in cui lo spirito politico di intransigenza dominò nelle alte sfere ecclesiastiche, che si deve la sua provata fedeltà al programma di patria e religione, sua guida e nostra speranza.

L. VITALI.

SAC. ADOLFO BIFFI Sebbene in ritardo, non vogliamo che nel Buon Cuore manchi una parola di sincero rimpianto per la morte del sac. Adolfo Biffi, Rettore del Collegio Villoresi, di S. Giuseppe, a Monza. Ebbi occasione di conoscerlo da vicino, ai Bagni di Bornio, nell’agosto 1914. Conoscerlo e stimarlo e amarlo era la stessa cosa. Raramente si trovano unite in una sola persona, come in lui, tante belle qualità; aveva ingegno, cuore, coltura, dignità, affabilità di modi; in un ambiente di elementi eterogenei, e non sempre propensi al contatto coi membri del clero, egli aveva saputo circondarsi della stima, della benevolenza e della amicizia di tutti. Quanto bene aveva fatto, quanto bene poteva fare ancora nel Collegio di S. Giuseppe, dove non solo era amato ma venerato, come degno continuatore del padre Villoresi, del quale era anche un po’ parente. Nella ancor giovane età, di appena 39 anni, Dio lo credette degno di essere chiamato in cielo; e a noi nel dolore di averlo perduto non resta che la compiacenza di sperare che il bene da lui fatto possa essere continuato dal suo successore Don Carlo Tarchini, già direttore spirituale nel Collegio stesso. L. VITALI.

Le colonie dello Stato di S.ta Catharina

(Continuazione del numero 10)

Ed effettivamente, in tutte queste colonie, se iniparare il portoghese è sempre cosa utile, e sarebbe anzi molto bene se tutti i coloni lo conoscessero, pure non se ne sente l’impellente necessità altro che dai negozianti: il veneto è lingua parlata. Scuole governative e municipali brasiliane ve ne sono poche, e quelle poche sono deficienti; tutto dà a vedere qui che, volendo, si può coltivare e conservare la lingua italiana. Come la famiglia di cui ho parlato, così fanno tante altre che hanno da.parte qualche risparmio: emigrano dalle colonie vecchie verso Ararang-tia, verso Minas, verso Orleans; comprano e si installano nei ’nuovi territori che, anche se di proprietà privata, in gran parte non furono peranco messi a coltura. In tal modo va sempre più estendendosi il perimetro delle colonie italiane.