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12 IL BUON CUORE


Giungere io possa nel Cielo, godere de l’ultimo dono: la visione di Dio splenda in eterno per me! E mi riceva nel Cielo,, Regina del mondo, Maria, che tra i nemici la via, guida sicura, m’apra (coni’ io temeva!) a la patria. Lassù cittadino del [Cielo già, Perchè Tu mi guidasti, ho tanto premio, dirò. E come veramente è originale la virginea sobrietà poetica di questo carme lebniano; come aurora indefinibile su sconfinati candori in un’eterea regione! Ma neppure è nato a sentirla chi non sappia linguagg’i di Fede, di quella, dico, attinta dalla meditazione, fonte di grazia spirituale e di grazie estetiche, di ispirazioni, quali furono disseminate nelle laudi,francescane, e in ispecie, nel Canto delle Creature, detersi l’anima, santificato il genio dalla conversazione con Dio. Ecco nell’interezza sua l’ultimo degli Estremi voti di Leone, dianzi citato, in quella, quasi direi. profana traduzione:!eque, o Virgo, frui; matrem Te parvulus,infans Dilexi, fiagra,ns in sere crevit amor. Excipe me Caelo; Caeli de civibus Auspice Te, dicam, praemia tanta tuli. La critica evoluta chiama, ce lo sappiamo, sifatto misticismo poetico una malattia: «E’ una malattia che ha afflitto molte anime, che ha annebbiati molti intelletti, che ha lacerati molti cuori. Noi oggi ne siamo in gran parte liberati; ma essa fu pure, in altri tempi, una realtà terribile; tra i morbi dello spirito fu uno dei più micidiali, fu la peste bubbonica dalle anime nel grande lazzaretto del Medioevo.» (*) Spedale da infetti dove, fra i più infetti, troveremmo il Rapito d’Assisi, e quel da Todi, l’infettissimo Giotto, e Dante, e Vittoria Colonna, e Michelangelo ed il Manzoni, per tacere del Petrarca il gran malato che occasionò la critica spasimosa del Bortoli; cui, troppo spesso, un’areligiosità dommatizzante nascose i sofismi della critica, sia pure scentifica nella movenza sua generale e nel processo analitico, ahi! come contraddicente, nello studio di Messer- Francesco appunto.,Chè egli ci si presenta nelle battaglie del suo spirito non pur elevato ad essere nella Canzone Vergine Madre che di sol vestita l’immortale poetadi Maria, ma confortato; sanato il cuore da una pace ristoratrice e consolante: Sue letture assidue Ambrogio, Agostino, Gerolamo: «Mio filosofo — diceva — è Paolo, mio poeta è David.» Non lazzaretto, ma tempio sublime fu a lui la sua " Fede! «Un’onda di pianto trascorre davanti a quel tempio.... e travolge a’ piè della Vergine tutto ciò che l’artefice ha amato e desiderato e patito, tutto ciò che egli ricorda e teme; inginocchiato nella sua cameretta d’Arquà dinanzi alla Madonna di Giotto, che poi lasciò magnifico e amichevol dono al Signore di Padova.» • (CARDUCCI), (*) Adolfo Bartoli, Storia della letteratura italiana. - Francesco Petrarca. Cap. FI, pag. 55-84. Firenze, Sansoni. (Continua)

Pizzo MAGISTRETTI.


Pel fausto Natale di A. S. R.

MARIA DI SAVOIA

(26 Dicembre 1914)

Oggi, mentre la Chiesa ricorda il primo Martire cristiano, Tu, non peranco attesa, sei venuta dal tuo cielo lontano, Angioletti regale, la letizia a portar sul Quirinale. Una culla dorata — compenso ai puri abbandonati cieli — T’accolse, e addormentata in un’onda di trine e ricchi veli, Tu sogni forse ancora luci di stelle e sfolgorii d’aurora. Dormi, sogna e sorridi ancora ’alla vision del paradiso nei cui fiorenti lidi ebbe l’anima’ Tua il primo riso, nè il sonno Tuo profondo rompa il fragore che sconvolge il mondo. Tu non sai che la Terra • • or di sangue rosseggia e il ciel di fiamme: ch’una furiosa guerra orba dei figli mille e nulle mamme; ch’orribilmente f era ora la Forza del Diritto impera. Tu, fra seriche bende ch’entrò a mal chiuse tende, nella tepida cuna, o Bimba, ignori del verso esposte ai perfidi rigori, stanno infinite schiere con lampi d’odio su le fronti altere. Non sai che domattina l’un contro l’altro i legionari armati la morte e la mina lancieranno sui campi desolati, e ch’altre madri in pianto, gemeran sul novello camposanto.... Dormi e in sogno sorridi o discesa dal ciel Bimba regale! Fino ai contesi lidi dove infuria la mischia aspra e brutale il Tuo primo vagito svegli un senso che pare inciffidito. Nel cor d’ogni pugnace spenga l’odio e la sete di vendetta; suada all’alma la pace sì che la Terra torni benedetta, nè dalle nostre aiuole più, i raffi non torca, esterrefatto, il sole! Codigoro, 26 dicembre 1914. A. A. ANSELMI