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340 il buon cuore

Lo strumento della sua conversione fu l’esule polacco, laico, Andrea Towianski. Il Senatore T. Canonico il giorno 23 gamaio 1869 saliva le scale del Vaticano ed era ricevuto da Pio IX in udienza privata, e presentandogli uno scritto del Towianski, gli diceva: — Santità, per mezzo di questo uomo ho ricevuto da Dio benefici spirituali, che non si cancellano più. Ebbi una giovinezza dolorosa: io avea perduto la ferie. La Provvidenza mi avvicinò a quest’uomo. Se ho ricuperata la fede, se ho adesso una base alla mia vita, se ho l’amore di Gesù Cristo e della sua Chiesa, la gioia dell’anima, è principalmente a lui che lo debbo. — Sono contento, disse allora Pio IX... Con profonda emozione risposi: — Santità, posso dirle dal profondo dell’anima che questo è il più bel giorno della mía vita. Non sono che un povero peccatore: ma l’accerto che pregherò sempre Iddio pel vero bene della Vostra Santità. — A queste parole il Papa fu- visibilmente commosso. Mi guardò, mi sorrise con affetto, dicendomi: — Vi ringrazio Pregate anche per la Chiesa di Gesù Cristo. — Oh, sì, ripetei premendo la sua mano contro le mie labbra: anche per la Chiesa di Gesù Cristo. Ed uscii. — Sono parole del Senatore Canonico, che egli stampò nel 1903 nella sua relazione. Chi era dunque questo uomo, del quale con tanta ammirazione e gratitudine parla il nostro convertito Senatore? Lo apprendiamo dallo stesso convertito, che ebbe col suo maestro, com’egli lo chiamava, intima relazione pel corso di 27 anni. Andrea Towianski fu uno di quei tanti polacchi, che da Nicolò I Imperatore delle Russie cacciato in esilio, perché amava la sua fede e la sua patria. Di famiglia agiata, magistrato, colla famiglia riparò in Isvizzera, fu in Francia, in Italia e dovunque colla vita incontaminata, coll’ardore dell’apostolo e colla intrepidezza del martire difese e propagò la fede e onorò la Chiesa e la patria sua. Sostenne la carcere, fu fatto segno a calunnie e nulla lasciò di intentato per servire la causa della Chiesa cattolica, che per lui era la causa della patria e di Dio. Sull’esempio di S. Caterina da Siena, si rivolse a quanti per l’autorità e la potenza poteano giovare al suo intento, a Re, a Imperatori, a Principi, a tutti, anche a nemici dichiarati. Towianski nella sua missione straordinaria fino alla sua morte, che avvenne il 13 maggio del 1878 a Zurigo, ci sembra uno di quei profeti, che a quando a quando Dio suscitava in Israele e comparivano in mezzo al popolo e nella reggia e a nome di Dio invitavano alla penitenza e poi si seppellivano nella solitudine. Ecco chi era Towianski, l’uomo che il Canonico a ragione venerava come maestro e a cui andava debitore della sua conversione. Bisognava udire come ne parlava 29 anni dopo ia sua morte: un figlio non poteva parlare con nìaggiore riverenza e maggiore tenerezza del migliore dei padri. Qual uomo doveva essere Towianski possiamo argomentarlo dal nostro Canonico, che secondo le sue forze si studiava di imitarlo nella vita e pubblica e privata. Egli aveva la parola semplice e naturale e sotto la modestia del ’suo atteggiamento si sentiva la forza, l’energia dell’anima, abitualmente padrone di tutti gli altri. Egli parlava della vita interna, che ogni cristiano deve coltivare in se stesso, che attinge la sua forza in Gesù C. che continuamente deve irradiarsi nelle azioni esterne Come la vita dell’albero senza posa si spande nei rami, nelle frondi e nei frutti. A me parea sognare udendo il Senatore e Presidente del Senato parlare di vita interna, di vita di sacrificio ’continuo sul modello di Gesù Cristo, sull’amore operoso del prossimo, sul distacco dalle cose terrene, sulla libertà vera dello spirito, come ne avrebbe potuto parlare un direttore spirituale di anime, che in un chióstro attendono alla perfezione. E quest’uomo, dicea meco stesso, vive in mezzo al mondo e immerso nelle cure più spinose e dirige le discussioni politiche della Camera vitalizia! E la mia meraviglia toccò il colmo allorché appresi da lui stesso, che avea volgarizzato i quattro libri della Imitazione di Cristo e datili alle stampe fino dal 1873 e volle favorirmene una copia, che conservo come una preziosa memoria. E’ una delle più belle e più perfette versioni di quelle che conosco. Nella prefazione della versione ha queste parole d’un candore, che mostrano l’uomo: Benché questo libro sia scritto principalmente per chi vive in solitudine, ’la nota celeste, che vibra ad ogni sua pagina è una fonte sì pura di interni risvegli e conforti, che riesce forse ancor più preziosa per chi, non volendo rinnegare nelle azioni la voce dell’anima, deve lottare ad ogni passo colle difficoltà di una vita molto attiva ed estesa. A nutrire ne’ miei compatriotti l’alito cristiano, non ch’io creda ia mia versione migliore delle precedenti, ardisco pubblicare ciò che venni traducendo a poco a poco per profitto mio, persuaso che la pietà sincera e vivente è la base indispensabile per meritare chi una nuova effusione risusciti nei petti il Cristianesimo ’vero e dia la forza per applicarlo alla vita e alno scioglimento delle questioni sociali». O io non comprendo nulla, o in queste poche righe il Presidente del Senato ha dipinto sè stesso e ci ha fatto conoscere il fondo dell’anima sua mistica, abitualmente unita a Dio e pronta ad ogni sacrificio. Ora ci torna facile comprendere com’egli fosse in ’ogni.cosa modello di ordine e osservatore esatto d’ogni più minuto dovere come cristiano e come cittadino, indulgente cogli erranti, d’una pazienza e rassegnazione inalterabile nelle più amare vicende d’ella vita. Un giorno mi tratteneva con lui e sapeva, che avea un figliuolo gravemente ammalato, anzi senza speranza di guarigione. Era colto dalla stessa malattia, che condusse a morte il figlio unico del generale Senatore di Revel: soffriva terribilmente ed’io guardava fiso il padre, pensando al suo dolore