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preghiera che ella, più che con l’inchiostro, aveva scritto colle lagrime. Un’opera di speciale carità, religiosa e patriottica attrasse poi la sua vigile attenzione, e occupò si può dire tutta l’ultima parte della sua vita, l’opera di assistenza per gli emigranti in Europa, compagno ed emulo del suo illustre amico Scalabrini, Vescovo di Piacenza, fondatore dell’opera di assistenza per gli emigratati italiani nel nord dell’America. Istitui all’uopo un Comitato, composto di laici e di sacerdoti, che provvedessero gli uni ai bisogni materiali degli emigranti, gli altri ai bisogni spirituali, opera provvidenziale che fu la salute di molti italiani, specialmente in circostanze di grandi rovesci sociali, come avvenne allo scoppio della guerra attuale. All’opera di Vescovo, Bonornell.i associò quasi sempre l’opera dello scrittore, facile, brillante, con volumi di viaggi, con pastorali, che con turno ricorrente pubblicava ad ogni quaresima/ intorno ad argomenti di attualità sociale e religiosa: ne ricordiamo due, che attrassero maggiormente l’attenzione del pubblico, Dottrine consolanti e Separazione della Chiesa dallo Stato. Il vantaggio dell’opera di assistenza apparirà maggiormente e di speciale importanza in un avvenire non lontano quando gli italiani, conservatisi integri per la neutralità, saranno chiamati a colmare le lacune delle altre nazioni e,auste per l’immane guerra attuale. Le parole dell’egregio oratore, che apparvero più forti nella loro pacata semplicità, vennero alla fine coronate da un applauso ’clamoroso, universale. Monsignor Bonomelli fu nobile figura, che compi utili e grandi cose; la commemorazione che ne venne fatta in Milano il giorno 25 novembre 1914 fu degna delle opere sue e di lui. pclio fui ben contento di prendervi parte, compensandomi dell’immenso dolore che avevo provato nel passato agosto, al’l’epoca della sua morte, trovandomi non bene in salute ai bagni di Bormio, ove dovevamo trovarci assieme, come negli anni precedenti, di non poter vederlo e dargli l’ultimo addio! L. VITALI


Il libero pensiero,


La questione del libero pensiero è tornata un’altra volta di attualità, all’epoca della morte, avvenuta or son due mesi, del prof. Giorgio Sinigaglia, già assessore della pubb. istruz. nella Giunta municip. del Sindaco Mussi. Il prof. Sinigaglia non faceva mistero della sua professione di libero pensatore: la sua tendenza antireligiosa, mutata in partigianeria, la portava a disconoscere i meriti anche di autori di primo ordine, solo perché i loro iibri erano informati da spirito religioso; è rimasta celebre negli annali dei licei milanesi la frase colla quale, nella città di Manzoni, nella città che aveva un culto di venera 315

zione per Manzoni, il Sinigaglia ebbe il deplorevole • coraggio, in faccia alla scolaresca, di definire I Promessi Sposi, un libro da prendersi colle molle!... I compagni di Sinigaglia non sono, purtroppo, scomparsi del tutto: nell’ultima discussione fattasi nel Consiglio Comunale intorno all’insegnamento religioso nelle scuole non mancò ’chi, a combattere questo insegnamento, affermasse che le scuole municipali devono essere informate ai principio del libero pensiero. E molti, abbagliati dalle frasi, accettano questo principio, come fosse principio di progresso e d’i libertà, accordando ai liberi pensatori il vanto di difensori della ragione umana. Nulla di più falso di questa asserzione; lo confesso candidamente: io non ho mai trovato dottrina che più apertamete offendesse la ragione della dottrina del libero pensiero che pretende appunto,di rispettare la ragione. Libero pensiero...! Libero da che? libero da tutto? libero anche dalla verità? libero anche di respingere e non accettare ciò che ai sensi e alla ragione appare evidentemente vero? Mettiamo netta e chiara la questione. In una giornata in cui splende luminoso il sole, cosi splendido da non poterlo fissare, si è liberi di dire: non splende il sole? Se mettendomi in mezzo alla piazza del Duomo di Milano, guardo il Duomo, son libero di dire: il Duomo non c’è? Farei ridere anche i tram che mi passano dinnanzi. E andando dalle verità di fatto alle verità di concetto, sono io libero di dire che due e due non fanno quattro, che le parti di un corpo non sono eguali al tutto? No, la mente non è libera di negare la verità, tranne che non si voglia negare... l’intelligenza! I fatti, le idee, evidentemerte veri non si è liberi di negarli: l’evidenza, ha detto Descartes, è il criterio della certezza: non che offendere la ragione accettando certi principi, sono i principi indimostrabili che servono di base a tutti i ragionamenti. Dante, in un punto del suo libro De Monarchia, afferma che colle persone che non ammettono i principii indimostrabili non è possibile ragionare. Verità. e libertà stanno fra loro come causa ed effetto: la verità è madre, la libertà è figlia; non è soltanto nel senso morale e religioso, ma anche nel senso strettamente filosofico e scientifico, che è ’vela la frase evangelica: veritas liberavit vos. Lo scienziato che pone a base della sua mente il vero, il vero sperimentale di fatto e il vero logico di concetto, è l’uomo veramente libero: non è la intelligenza che faccia le idee, sono le idee che fanno l’intelligenza: ma lo •scienziato mentre è l’uomo più libero, deve dirsi anche l’uom’b più schiavo, schiavo della verità: anzi, in questo senso, l’uomo più schiavo è l’uomo più libero, perché è l’uomo che è in possesso di un maggior numero di verità. Il progresso delle scienze, è appoggiato a questa condizione, che una verità di fatto, constatata prima, serva di base a verità di fatto da trovarsi poi: la sua libertà sta nel suo vincolo. Fu osservato che il